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Una bottiglia biodegradabile al 100%, composta da un materiale interamente naturale, rinnovabile e non inquinante.
Già presente in molti supermercati degli Stati Uniti e
dell’Inghilterra, potrebbe essere commercializzata, entro l’anno
prossimo, per la prima volta anche in Italia.
La nuova bottiglia di
bioplastica verrrà distribuita dall’Acqua
Sant’Anna, società di imbottigliamento, che attinge dalle
fonti di Vinadio, nel cuneese.
Per ottenere la bioplastica, si parte dalla
fermentazione del mais, processo velocizzato da un
macchinario che ha la capacità di rendere più rapida
la fermentazione (che avverrebbe naturalmente per contatto del
prodotto con l’aria), per arrivare così alla materia prima,
l’acido polilattico.
Da qui viene ricavato il polimero (una catena ripetitiva
composta da uno stesso tipo di molecole), che andrà a
costituire il materiale termoplastico. Attualmente questo materiale
viene utilizzato per i bioimballaggi, ovvero per gli
imballaggi di prodotti alimentari biologici.
In questo modo viene eliminato tutto il processo di
produzione del PET, materiale plastico costituente le
normali bottiglie in commercio, evitando così le emissioni
prodotte dalla lavorazione del petrolio, con una riduzione del 50%
di produzione di Co2.
La bio-bottiglia è biodegradabile al 100%. Ciò
significa che una volta terminato il suo utilizzo, la si può
tranquillamente conferire alla parte organica dei
nostri rifiuti, così da essere lavorata
ulteriormente per produrre il compost.
La bottiglia non si scioglie a contatto con l’acqua, in quanto
il processo di biodegradazione avviene in particolari condizioni e
cioè grazie alla presenza di batteri che lavorano proprio in
assenza di ossigeno (processo definito anaerobico).
Non sarà di certo la panacea di tutti i mali, ma se
l’idea prendesse piede anche per le grandi distribuzioni, di certo
verrebbero evitate tonnellate di plastica che alla fine
finirebbero in discarica.
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Andreas Kipar è uno dei maggiori esperti internazionali di architettura del paesaggio.
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