Museo etnografico di stregoneria

al Museo etnografico, dove si conservano tra l’altro alcuni strumenti di tortura, fanno testo anche le carceri (visitabili) nel Fortino di San Dalmazio

In seguito al cinquecentenario dei processi per stregoneria, con le
duecento imputazioni che l’hanno reso tristemente famosa, Triora si
propone come patria simbolica delle streghe. Oltre al Museo
etnografico, dove si conservano tra l’altro alcuni strumenti di
tortura, fanno testo anche le carceri (visitabili) nel Fortino di
San Dalmazio e il monumento alla strega, con tanto di scopa e
paiolo, collocato nella piazzetta. In realtà scopa e paiolo,
ormai considerati contrassegni irrinunciabili della strega, ha
parecchio da raccontare: la scopa è simbolo fallico, parente
stretta della bacchetta del mago mentre il paiolo, discendente del
calderone celtico, è l’emblema femminile della
fecondità e della rinascita, in altre parole del trionfo
sulla morte.

A Triora c’è anche un’autentica casa delle streghe, in
località Cabotina, alle soglie dell’abitato, dove secondo i
capi d’accusa dell’epoca le “famigerate ” donne si sarebbero
riunite per poi recarsi tutte insieme al Sabba. Emblematico
è il nome stesso della località, Triora ovvero tre
bocche, immortalate nello stemma cittadino sull’acciottolato della
piazzetta.

Tre, infatti, è il numero magico simbolo di perfezione,
dunque il segno che completa e conclude: non a caso gli dei celtici
sono rappresentati spesso in triadi, l’esempio classico è
fornito dalle Tre Matres, tre figure divine, delle quali solo la
centrale, col capo coperto da un curioso copricapo, culla tra le
braccia, un bambino. Il numero tre, tuttavia, funziona anche al
maschile, basta pensare al dio Lug, che nasce da una vergine
insieme ad altri due fratelli gemelli poi fatalmente periti tra i
flutti dove erano stati gettati subito dopo il parto.

Per informazioni: 0184/94477-94049-94164

Laura Tuan

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