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La filosofia si impone come una forma di sapere incarnato nella nostra vita, nella nostra quotidianità, e non come gioco speculativo fine a se stesso.
In un’epoca in cui le grammatiche produttivistiche della tecnica
hanno ampiamente dimostrato di non sapere toccare i problemi di
fondo dell’uomo, anche perché la tecnica ad altro è
deputata, la filosofia ha ripreso vigore proprio là dove
è nata, cioè nelle piazze e, quindi, a partire dal
confronto diretto, oserei dire “carnale”, con il filosofo stesso,
chiamato ad articolare un discorso di senso, ad offrire una voce
autentica a questo nostro frammentato stare al mondo.
Lo sgomento, l’angoscia, lo smarrimento etico ed esistenziale
che contrassegnano sempre più il nostro vivere sembrano
ritrovare nel sapere filosofico una forma terapeutica capace almeno
di alleviare con i suoi “incantesimi” le ferite dell’anima.
Il termine “incantesimo”, riferito alla capacità
guaritrice della filosofia, lo ritroviamo nel “Carmide” di Platone,
con riferimento, non a caso, ai medici traci, curatori del corpo e
dell?anima. Tuttavia permane – purtroppo! – una sedimentata
opinione comune, secondo cui la filosofia sarebbe un abile
esercizio concettuale, senza, però, alcun aggancio alla vita
concreta, alla quotidianità.
Eppure, soprattutto per i Greci, il sapere rinvia al fare, in
particolare al fare il bene, ad attuarlo concretamente: la
filosofia non come vuoto esercizio accademico, ma come vitale e
concreta espressione delle modalità con cui l’anima abita il
mondo.
Leggiamo, a conferma di tutto questo, un’esemplare testimonianza
tratta dalle Diatribe di Musonio Rufo, nato attorno al 30 d. C. e
morto verso la fine del I secolo d. C., uno dei rappresentanti di
spicco, insieme a Seneca, Marco Aurelio, Epitteto, della filosofia
dell’età imperiale. «Come potrebbe essere più
importante conoscere la teoria di ciascuna cosa che averne la
pratica e fare le cose secondo l’indicazione della teoria? E, in
effetti, la pratica guida a poter fare, mentre il conoscere la
teoria delle cose a potere parlare. Contribuisce senz’altro
all’azione la teoria che insegna come si deve agire ed è
nell’ordine prima della pratica, giacché non è
possibile che sia pratico a fare qualcosa di bello chi non ci si
abitua secondo la teoria, ma per la potenza la pratica supera la
teoria perché è più efficace della teoria a
guidare gli uomini all’azione».
Nel prossimo intervento preciseremo quanto qui accennato,
fornendo ulteriori testimonianze tratte da alcuni pensatori di
spicco.
Fabio Gabrielli
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