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Quando ascoltiamo un brano che ci piace, questo suscita in noi emozioni e rende vividi scorci che, magari, avevamo messo in un cassetto nascosto dei nostri ricordi.
A volte ci immergiamo talmente nell’ascolto, che questo ci
trasporta in posti lontani e onirici.
Immaginate di trovarvi ad ascoltare un cd composto eclusivamente da
una raccolta di suoni e rumori registrati all’aperto, in mezzo alla
natura.
Dalla destra vi arriva il rumore di un ruscello che scroscia tra le
rocce, da sinistra un cervo che bramisce in lontananza e la neve,
con il suo tipico fruscio, cade.
Non vi siete proiettati in un tipico paesaggio di montagna in pieno
inverno?
Questa è la registrazione di un paesaggio
sonoro, non un esercizio di rilassamento o una pratica new
age.
“È la rappresentazione sonora della
natura che ci circonda – racconta Gianni Pavan, presidente
del CIBRA (Centro Interdisciplinare di Bioacustica e Ricerche
Ambientali) – e può essere utilizzato sia per la didattica
che per uso terapeutico”.
“Il silenzio è d’oro”, recita un antico proverbio. Ma
quando abbiamo la possibilità di gustarlo? Ormai
l’inquinamento acustico fa parte della nostra esistenza e ci
accompagna per tutto il giorno.
E studi scientifici dimostrano che questo non ci fa per niente
bene. Perché quindi non fermarsi ad ascoltare qualche
sonorità diversa dal solito, magari di atmosfere e momenti
che normalmente non avremmo la possibilità di udire?
“In effetti collaboriamo con diversi enti per la creazione di
guide naturalistiche multimediali e la valorizzazione di sentieri
escursionistici – incalza Pavan -particolarmente adatti all’ascolto
dei suoni della natura e dei paesaggi
sonori degli habitat più complessi e integri”.
Il dottor Pavan chiude gli occhi e descrive una delle
circostanze curiose che gli è capitato di registrare. Un
battito d’ali che parte dall’alto per avvicinarsi sempre più,
e alla fine? splash, un atterraggio a pelo d’acqua. Era
un’anatra.
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