La pratica del counseling

“Studiate, ma quando siete davanti al cliente dimenticate tutto”, L’obiettivo del counseling è quello di creare un ambiente facilitante

L’obiettivo del counseling è quello di creare un ambiente
facilitante in cui possa avvenire un incontro tra due mondi. Ogni
persona è un entità particolare, l’incontro
cliente-counselor presenta tutte le incognite, le aspettative, i
timori di un incontro tra due persone che non si conoscono e che ci
si aspetta inizino a parlare di temi molto intimi, che stanno molto
a cuore a una delle due.

Il compito del counselor è quello di facilitare l’apertura
dell’altra persona. Può farlo solo a partire dalla sua
consapevolezza di sé, dalla conoscenza dei propri punti
deboli e punti di forza; deve sapere esattamente dove si trova lui,
per sapere come accogliere l’altro. Una volta “centrato”,
può stabilire il livello della comunicazione, come un
diapason che dà il “la”.

Il livello di comunicazione si gioca col linguaggio non verbale,
gli atteggiamenti corporei, la mimica facciale, l’uso degli occhi,
lo sguardo, il tocco della stretta di mano, il contatto corporeo,
la gestualità, il tono di voce, la sua inflessione, ritmo e
cadenza, con la posizione, la vicinanza, la lontananza. Senza dire
ancora neppure una parola, si può definire chiaramente il
livello di comunicazione che si propone e fare attenzione in che
misura l’altro lo accetta e vi entra.

La gamma dei problemi che possono essere presentati è molto
vasta, e vedremo come possono esserci diversi atteggiamenti,
più o meno direttivi, che il counselor può adottare
nelle diverse circostanze, ma in ogni caso alcuni punti devono
essere chiari sin dall’inizio, per evitare spiacevoli sorprese e
delusioni, da entrambe le parti.

Il counselor non è lì per risolvere i problemi del
cliente, ma per accompagnarlo nel processo di risoluzione che egli
stesso dovrà attivare e intraprendere, con l’ausilio e gli
strumenti che gli verranno messi a disposizione. Sarà
un’impresa comune.
Di solito non si incontrano troppe resistenze nel far adottare
questo nuovo punto di vista, che indirettamente attribuisce al
cliente un’importanza maggiore di quanto si aspetti, confermandogli
un messaggio di fiducia: l’aspettativa che sarà capace di
affrontare i suoi problemi, con la rassicurazione che comunque non
sarà da solo nel percorso. L’importante è che il
counselor stesso non se ne dimentichi mai e non si lasci sedurre
dagli immancabili tentativi dei clienti, per indurlo ad assumere il
ruolo di colui che risolverà tutti i problemi.

 

Bibliografia: Counseling, di Marcella Danon, Red edizioni, 1999.

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