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La primavera ridona nuove energie al corpo e all’anima, e suscita, per sua natura, il desiderio d’amore.
I poeti hanno cantato, infatti, la dolce stagione primaverile,
sottolineandone la straordinaria carica erotica, in un’autentica
fusione tra uomo, donna e natura.
A questo proposito, per esempio, così scriveva Guglielmo IX
d’Aquitania (1071 – 1126), iniziatore della lirica trobadorica:
Nella dolcezza della primavera
i boschi rinverdiscono…
È tempo, dunque, che ognuno si tragga
Presso a quel che più brama…
Del nostro amore accade
come del ramo di biancospino,
che sta sulla pianta tremando
la notte alla pioggia ed al gelo,
fino al domani, che il sole s’effonde
infra le foglie verdi sulla fronde.
Le splendide immagini di Guglielmo richiamano tutte le creature
viventi ad abitare la primavera insieme all’amato o all’amata
(“presso a quel che più brama”), ma anche, come il
biancospino, ad accettare l’ambivalenza e l’ansia connesse
all’amore, perennemente sospeso tra il gelo e il sole, l’attesa e
la sua piena compiutezza.
Se è vero, infatti, che il gelo dell’inverno fiacca i corpi
e intorpidisce i sensi, e la primavera li ritempra, costruendo una
sorta di cerchio magico in cui danzare e amarsi, è
altrettanto vero – per evitare un eccessivo sentimentalismo,
alimentato da luoghi comuni – che, in definitiva, è l’amore
in sé a determinare le stagioni.
Come dice Ortega y Gasset: “Amare è un perenne vivificare,
è creazione e conservazione dell’essere amato”.
La primavera è, così, determinata dalla forza
creatrice del soggetto amante, capace – in una inscindibile
unità psico – fisica – di vivificare, conservare l’essere
amato, grazie a quella magia dell’innamoramento, con suoni e colori
primaverili, che sempre Ortega y Gasset chiama “malattia
dell’attenzione”.
L’innamorato, infatti, soffre di “attenzione”, proprio
perché è concentrato solo sull’essere amato,
dimentico di tutto il resto, per il quale non prova più la
minima attenzione!
Eppure – ecco ancora il “biancospino” – come la primavera è
consapevole, quasi fosse dotata di un’anima, che dovrà
sopportare anche i duri cicli invernali, così gli innamorati
devono vivere l’eros anche nelle sue difficoltà, nelle sue
delusioni, nei suoi momenti bui, o addirittura nella non
corrispondenza da parte dell’altro verso cui concentrano le loro
energie amorose.
Come recita un bel verso di Fortini: “esiste la primavera, la
perfezione congiunta all’imperfetto.”
La primavera è un momento di perfezione, che contiene in
sé già la sua imperfezione, il suo essere
transitoria,
Così dobbiamo vivere gli amori, cercandone la pienezza e
l'”eternità”, ma con la consapevolezza che, talvolta,
possono essere transitori o ingannevoli.
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