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Scegliere o “lasciarsi scegliere” da una pietra? Le prime caratteristiche da identificare per riconoscere se un cristallo
Non è facile, soprattutto per l’acquirente non esperto,
orientarsi nella scelta di un cristallo ai fini di un’autoterapia.
Da questo mondo luminoso e multicolore, dalle infinite luci e
vibrazioni, scaturiscono informazioni consce e inconsce che di
primo acchito muovono emozionalmente verso una determinata
scelta.
Per i più sensibili e agli occhi di coloro che riconoscono
viva e dotata di consapevolezza qualsiasi manifestazione del reale,
questo approccio diventa addirittura non uno “scegliere”, ma un
“lasciarsi scegliere” dalla pietra stessa, delegando ad una forma
di saggezza superiore anche le più semplici indicazioni di
rotta.
E’ necessario tenere conto di questi spontanei orientamenti e
inclinazioni, senza però dimenticare l’importanza di
conoscere e di capire quale tipo di cristallo è
improvvisamente entrato nella nostra vita, per meglio conoscerlo e
interagire con esso.
Come indicazione orientativa, di primo impatto andrebbe valutata la
“trasparenza”, ossia i tre diversi stati del cristallo in relazione
alla sua limpidezza e alla capacità di lasciarsi
attraversare dalla luce: il cristallo può essere opaco,
traslucido o diafano quando è perfettamente limpido.
La presenza in esso di “inclusioni”, ovvero di altri minerali, a
volte rappresenta un pregio e non un difetto ai fini terapeutici.
La presenza di inclusioni metalliche (ematite, mica, ecc.), detta
“avventurinamento”, è riconosciuta dal particolare luccichio
del pezzo, mentre il fenomeno dell'”iridescenza” si presenta
quando, a causa di una frattura, si ha l’effetto arcobaleno in uno
o più punti.
Un’importanza particolare è determinata dalla cosiddetta
“punta” del cristallo, che può rappresentare un importante
indice di valutazione per determinare se il cristallo si presenta
nella sua forma naturale oppure è stato lavorato
dall’uomo.
In quanto miracoli di perfetta geometria, i cristalli non concedono
spazio a linee fuori assetto. Per verificare se c’è stato un
intervento su di esso controlliamo le linee che delimitano il corpo
del cristallo dall’apice, la parte piramidale in cui le diverse
facce si uniscono nella punta: queste devono essere perfettamente
orizzontali e parallele le une alle altre.
Altra verifica consiste nel passare il dito sullo spigolo che
divide una faccia dall’altra e sentire se è vivo o
arrotondato. Nel caso che questo si presenti arrotondato, significa
che il cristallo è stato lavorato e non è più
come lo ha creato la natura.
Quando la punta di un cristallo risulta alterata artificialmente,
anche in modo parziale, difficilmente conserva intatta la sua
originale funzionalità energetica, in particolare se
è stato toccato l’apice. Generalmente, ne consegue la
deviazione o lo sfaldamento del raggio di energia che la punta
emette. Questo perché è molto difficile, se non
impossibile, sagomare artificialmente la punta rispettando l’esatta
direzione di crescita molecolare della pietra, determinata
dall’impalcatura atomica e dall’orientamento delle molecole.
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