Le strade da non percorrere

Uno di principi base sul quale si poggia un’efficace politica verso il consumo sostenibile è il cosiddetto “principio precauzionale”. Questo principio, concettualmente semplice e importante definisce che devono essere i produttori a dimostrare l’innocuità, per la salute umana e l’ambiente, di una sostanza, di un prodotto, o di un processo produttivo. Non solo, ma richiede

Uno di principi base sul quale si poggia un’efficace politica verso
il consumo sostenibile è il cosiddetto “principio
precauzionale”. Questo principio, concettualmente semplice e
importante definisce che devono essere i produttori a dimostrare
l’innocuità, per la salute umana e l’ambiente, di una
sostanza, di un prodotto, o di un processo produttivo. Non solo, ma
richiede che tale dimostrazione debba necessariamente essere
preliminare all’introduzione della sostanza o del prodotto sul
mercato.
In realtà questo principio, che punta a un intervento
tempestivo sulle fonti in grado di produrre degrado ambientale,
è totalmente ribaltato dall’attuale modello di sviluppo.
Quest’ultimo, che da molti è considerato come l’unico
modello possibile, propone una visione del mondo semplice, ma
efficace poiché basata su concetti che hanno la propria
forza nell’attualità: libera concorrenza e innovazione
tecnologica producono efficienza, pulizia e risparmio
energetico.
E alla luce di questi valori, le conclusioni di tutti i summit
mondiali sull’ambiente hanno sempre legittimato il fatto che le
industrie debbano modificare la propria produzione o ritirare le
sostanze dal mercato solo dopo che ne sia stata scientificamente
provata la nocività.
Ribaltando quindi il “principio precauzionale”.
Questo modo di procedere ha consentito, ad esempio, alla
multinazionale DuPont, di sostituire i CFC dai suoi prodotti solo
18 anni dopo che la Conferenza di Stoccolma del 1972 aveva
evidenziato il rapporto diretto tra i CFC e il buco nello strato di
ozono. Ha consentito che venissero utilizzati mangimi di origine
animale per l’alimentazione dei bovini, e che venissero ritirati
solo dopo che si era scoperto il cosiddetto morbo della mucca pazza
e dei suoi effetti sull’uomo. Così come oggi viene permessa
la coltivazione e il consumo di organismi geneticamente modificati,
anche se si è tutt’altro che certi della loro
innocuità, sia per l’uomo sia per l’ambiente.

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