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Una proposta per l’economia che presuppone uno stile di vita in grado di soddisfare i nostri bisogni e contemporaneamente di offrire speranza alle generazioni future.
In realtà esistono diverse definizioni del concetto di
sviluppo sostenibile. Nel 1987 la Commissione mondiale
sull’ambiente e lo sviluppo (WCED), nel Rapporto Brundtland, lo
definì come “lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente
senza compromettere la capacità delle future generazioni di
soddisfare i propri”. Una definizione complementare è
fornita dall’Unione mondiale per la conservazione (WCU), dal
Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e dal Fondo
mondiale per la natura (WWF): “Sviluppo sostenibile significa
migliorare la qualità della vita vivendo nei limiti della
capacità di carico degli ecosistemi”.
Il Consiglio internazionale per le iniziative ambientali locali
(ICLEI) ha inoltre fornito un’interpretazione più pratica e
locale di tale concetto, applicabile nel contesto delle aree
urbane: “Lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che fornisce
servizi ambientali, sociali ed economici essenziali a tutti i
residenti di una comunità senza minacciare la
vitalità dei sistemi naturali, costruiti e sociali dai quali
dipende l’erogazione di questi servizi”.
Sebbene il concetto di sviluppo sostenibile venga spesso
erroneamente assimilato e ridotto a quello di protezione
ambientale, in realtà esso si compone di tre dimensioni
intrinsecamente connesse: la suddetta componente ambientale, ma
anche quella sociale e quella economica. Ed è proprio questa
sua “tridimensionalità” a renderlo innovativo, in quanto la
sostenibilità consente di superare la storica antinomia tra
sostenitori della protezione ambientale e sostenitori dello
sviluppo economico inteso unicamente come “crescita
quantitativa”.
La legittimazione dell’importanza del concetto di sviluppo
sostenibile nel diritto internazionale è avvenuta grazie
alla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo
(UNCED), svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992 con la partecipazione
di 183 Stati; dalla Conferenza sono emersi i princìpi
cardine di questo nuovo modo di affrontare le problematiche
economiche e ambientali, ossia il principio precauzionale, quello
di “internalizzazione” dei costi ambientali, quello della
responsabilità comune ma differenziata e l’applicazione
della valutazione di impatto ambientale (VIA) ai progetti di
investimento.
La Conferenza ha adottato, al termine dei suoi lavori, alcuni
documenti molto rilevanti dal punto di vista politico e dal punto
di vista del diritto internazionale; si tratta della Dichiarazione
di Rio, dell’Agenda 21 e della Dichiarazione autorevole di
principi. La Conferenza ha costituito poi l’occasione per aprire
alla firma degli Stati partecipanti tre progetti di Convenzioni
multilaterali che affrontano problemi ambientali di carattere
universale, ossia la Convenzione sui cambiamenti climatici, la
Convenzione per combattere la desertificazione e la Convenzione
sulla diversità biologica.
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