I lavori del ponte sullo stretto di Messina dovrebbero iniziare a dicembre 2024 e concludersi nel 2032. Ma i cittadini si ribellano.
Mantova come Marghera?
I numeri parlano chiaro: 30 sarcomi e 163 tumori accertati tra gli operai e i residenti vicino alla Montedison. Questi i dati sui quali si basa l’indagine aperta da un anno sul Petrolchimico di Mantova.
Mentre nell’appena concluso processo sul Petrolchimico di Marghera
le indagini si sono svolte su malattie e decessi di operai degli
stabilimenti, a Mantova sembra coinvolta anche la popolazione
residente nei pressi della Montedison, dove si trova l’inceneritore
per rifiuti tossici nocivi ora Enichem. Molti dei 30 sarcomi delle
parti molli sono stati diagnosticati su persone che non lavorano
negli stabilimenti industriali. Questi sarcomi sono un rarissimo
tipo di tumore per i quali, secondo lo studio dell’Istituto
Superiore di Sanità, il fattore rischio sarebbe da cercare
nella cosiddetta “diossina di Seveso” (TCDD), la sostanza che nel
1976 era uscita all’Icmesa di Seveso.
Lo stesso Istituto ha anche rivelato l’esito di alcuni studi che
indicano per la popolazione residente nel raggio di due chilometri
dall’inceneritore dell’Enichem la probabilità di ammalarsi
di sarcoma 34 volte superiore alla media.
Inoltre la Procura ha in mano delle statistiche che dimostrano che
nel reparto distribuzione liquidi e servizi sono morti di tumori
maligni 20 operai in più della media, nel reparto cloro-soda
i tumori allo stomaco hanno ucciso cinque volte più della
norma, e i linfomi, tumori correlati all’esposizione di benzene e
stirene, otto volte in più rispetto ai casi attesi.
Già nel 1986 la popolazione di Mantova aveva avanzato con
duemila firme la richiesta per un’indagine epidemiologica. Ma da
allora non successe a fino al 1996, quando un medico di base, la
dottoressa Gloria Costani (attuale responsabile locale di
Legambiente), si rese conto che tra i suoi pazienti residenti nelle
vicinanze della zona industriale si era verificato un forte aumento
dei sarcomi ai tessuti molli. Ha quindi coinvolto suo marito,
l’ingegnere Paolo Rabitti che è anche responsabile locale di
Legambiente e consulente di Felice Casson per Marghera, e insieme
non hanno più mollato finché le istanze pubbliche si
sono occupate del problema.
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