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Miele: non è tutto oro quel che luccica
Il miele e i suoi nuovi problemi di certificazione
Lo scorso 7 marzo la UE ha racapitato una discutibile novità
nella buca delle lettere del consumatore italiano: si tratta della
Direttiva sul miele (n. 2001/110/CE), pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale italiana, serie CE. La Direttiva parla di miele filtrato:
“ottenuto eliminando sostanze organiche o inorganiche estranee, in
modo da avere come risultato un’eliminazione significativa dei
pollini”.
Perché non siamo d’accordo? Semplice, siamo di fronte
all’ennesima prova di equilibrismo legislativo: chi si è
battuto per la norma pensava ai pollini e non aveva minimamente
nella testa sostanze organiche e inorganiche. Ma prima di
affrontare il perché di tale scelta e capirla meglio occorre
leggere una ulteriore novità contemplata nella Direttiva,
cioè la norma che ha imposto sul miele l’indicazione del
Paese d’origine in cui è stato raccolto. Questa sembrano
buone nuove.
Buone nuove solo a prima vista: i più diranno “finalmente la
CE, si è mossa in favore dei consumatori che potranno sapere
se il miele arriva dalla Cina (è uno dei più grossi
esportatori) o da altri Paesi del terzo mondo”. Invece no, anche se
non si vede il trucco c’è. In pratica, la Direttiva consente
agli importatori il dispiegamento di un escamotage veramente
sorprendente. Vediamolo.
Sarà sufficiente inserire un po’ di miele italiano (anche
una quota irrisoria) in una tonnellata di miele cinese per
sostituire l’indicazione del Paese di provenienza con la dizione
“miscela di mieli originari e non originari della UE”. Anche se,
mentre scriviamo, le importazioni, nel nostro Paese, di miele
Cinese sono bloccate a vieta che arrivi in Italia ad esempio da
porti internazionali come quello de La Valletta (Malta).
E non finisce qui. La UE non poteva dimenticare di fare un altro
bel regalo agli importatori, ovvero il miele filtrato cui abbiamo
già accennato: un miele nel quale sono stati rimossi i
pollini dopo essere stato filtrato da una membrana con pori
piccolissimi (del resto la microfiltrazione incontra ormai larghi
consensi. La questione del latte ha occupato per mesi le pagine dei
media).
E i consumatori? Come sempre rischiano di avere le “pive” nel
sacco. Non avranno la possibilità di dribblare, al momento
dell’acquisto, un miele denaturato perché ridotto a uno
zucchero fluido. Qualcuno sarà pronto a giurare che questo
miele offre dei vantaggi: dura anche di più perché la
microfiltrazione trattiene i lieviti responsabili della
fermentazione…
Massimo Ilari
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