Dal riciclo delle capsule il riso 100% italiano

Grazie un ciclo virtuoso di riciclo, che parte dalla raccolta delle cialde dalle boutique fino ad arrivare al compost per nutrire 5 ettari di terreno, Nespresso coltiverà riso italiano da donare al Banco Alimentare.

Essere virtuosi conviene. E Nespresso lo
dimostra con il progetto Ecolaboration.
Nato nel 2009 per sviluppare un modello etico e sostenibile per
tutta la filiera, dal chicco di caffé al recupero della
cialde, mostra oggi i primi risultati e in Italia amplia
ulteriormente il raggio d’azione andando oltre al riciclo delle
capsule.

“Siamo convinti che l’unico modo di crescere come azienda sia
quello di condividere i valori legati alla sostenibilità – ha
dichiarato Martin Pereyra, Direttore Generale di Nespresso Italia –
e di diventare parte attiva, di essere attori di questo
cambiamento”.

Il progetto Ecolaboration
Sono tre i temi sui quali si articola il progetto. Si parte dal
garantire un’elevata qualità del caffè coltivato che
dovrà essere per l’80% proveniente dal Nespresso AAA
Sustainable Quality Programme, con certificazione Rainforest
Alliance. Si passa poi al potenziamento del riciclo delle capsule a
livello globale con l’obiettivo di arrivare al 75% entro l’anno
prossimo (oggi esistono 7.000 punti di raccolta, 26 in Italia).
L’ultimo obiettivo sarà quello di ridurre del 20% le emissioni
di CO2 per ciascuna tazzina, analizzando tutto il processo
produttivo, dalla produzione al funzionamento delle macchine per il
caffè.

Le bacche della pianta di caffè
prima di diventare cialda.

Dalla capsula al riso
In Italia il programma si amplia nel 2012 grazie anche alla
collaborazione con Federambiente,
Fondazione Banco
Alimentare
e Consorzio Imballaggi
Alluminio
, che hanno finalizzato un progetto per il
recupero e riciclo dell’alluminio ed il riutilizzo del caffè
residuo all’interno delle capsule consumate.

Come funziona il ciclo? La capsula usata e raccolta dall’utente
viene riconsegnata in una delle 26 boutique italiane. Il materiale
raccolto viene così affidato alla EFFEDUE di Gavardo (Bs),
azienda che si occuperà di separare l’alluminio dal caffè
residuo. Qui si lavorano 1,5 tonnellata all’ora, circa 200.000
capsule.

Il caffè qui recuperato viene inviato ad un’altra azienda, la
Berco di Bergamo, che produrrà il compost destinato alla
produzione di riso. Nespresso assieme all’Unione Agricoltori della
Provincia di Pavia, ha individuato un coltivatore unico per un
appezzamento di circa 5 ettari, in provincia di Pavia.

Il riso qui coltivato verrà successivamente acquistato da
Nespresso e donato alla Fondazione Banco Alimentare. Si stima che
sarà possibile, una volta raccolto, ottenere 36 quintali di
riso bianco, corrispondenti a non meno di 60.000 porzioni di
riso.

Nespresso dimostra così che si può fare business anche
all’interno di quello che può essere considerato un club
esclusivo, senza per questo rinunciare alla sostenibilità,
anzi. Quest’ultima diventa la principale leva per resistere e
continuare a crescere in un mercato in continua evoluzione. Pare
che in futuro sopravviverà solo chi sceglierà questa
strada.

 

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