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Dal pensiero della giovane economista inglese, attivamente impegnata nel movimento no-global, emerge una profonda revisione dell’attuale modello di globalizzazione.
E’ giovane, bella, carismatica e intelligente: ex enfant prodige,
Noreena Hertz, si laurea a diciannove anni in filosofia ed
economia. Agli inizi degli anni novanta, subito dopo l’implosione e
la frammentazione dell’Unione sovietica, lavora a Mosca per conto
del Fondo Monetario Internazionale come consulente presso il
governo russo. Contribuisce alla fondazione della Borsa di San
Pietroburgo e collabora con la Banca Mondiale. A capo del “Center
for Middle East Competitive Strategy”, un’organizzazione non
governativa e insieme all’autorità palestinese e ai governi
israeliano, giordano ed egiziano elabora programmi finanziari e
iniziative economiche per contribuire al processo di pace del dopo
Rabin.
Però oggi, dal “Center of International Business and
Management” dell’Università di Cambridge, del quale è
direttrice associata, emerge la figura di una donna che dopo aver
lavorato per anni a stretto contatto con la globalizzazione, la
rifiuta e per reazione diventa una figura emergente della
contestazione.
Sulla scia del libro di Naomi Klein “No Logo”, diventato la bibbia
del movimento new global, anche la brillante trentaquattrenne
inglese elabora la sua breve ma intensa esperienza di economista
attraverso un saggio politico-economico e sociologico intitolato
“La conquista silenziosa: perché le multinazionali
minacciano la democrazia” (Carocci Ed.). Il libro è un
j’accuse con cui la Hertz lancia la sfida alle corporation
transnazionali, denunciando i rischi a cui vanno incontro le
democrazie occidentali a causa del progressivo svuotamento del
significato della politica e della sovranità nazionale,
operato dalle società per azioni che sempre di più
determinano le agende politiche assoggettando gli stati a loro
sudditi e i cittadini a meri consumatori.
Nel suo libro, la Hertz ricorda che tra le cento maggiori economie
del mondo, cinquantuno sono multinazionali e solo quarantanove sono
stati nazionali. E che nella creazione di un nuovo ordine mondiale
non bastano i movimenti spontanei, ma occorre una maggiore
responsabilità e consapevolezza di tutti, in quanto
consumatori.
Molti suoi articoli sono apparsi su quotidiani e settimanali
illustri come “The Washington Post”, “The New Statesman”, “The
Observer” e “The Guardian”. Ha realizzato un documentario, “The End
of Politics”, per Channel 4. E’ spesso ospite della Cnn, Bbc, Cnbc
e conduce importanti programmi televisivi e radiofonici.
Maurizio Torretti
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