
Vecchi e nuovi ogm sono sottoposti alle stesse regole, ma ora le cose potrebbero cambiare. Una petizione vuole evitare questo rischio.
Una ricerca mette in luce l’atteggiamento degli italiani nei confronti delle tecnologie e degli OGM. Due le tendenze dominanti: da una parte chi preferisce delegare le decisioni in materia a Stato e scienziati, dall’altra chi chiede a gran voce un coinvolgimento diretto.
Sono on-line all’indirizzo www.fondazionebassetti.org i risultati di “Opinione
pubblica, biotecnologie e società del rischio”, lo studio
della Fondazione Bassetti realizzato in collaborazione con Poster,
società di ricerca attiva nello studio della partecipazione
pubblica all’innovazione scientifico-tecnologica.
Ecco, in sintesi, i risultati dell’indagine, condotta tramite
sondaggio telefonico su 1017 persone con più di 18 anni
nell’ottobre 2001:
Le biotecnologie? Ne ha sentito parlare un italiano su due.
Il 50% del campione intervistato ha dichiarato di aver sentito
parlare di transgenico dai mass media negli ultimi tre mesi.
Rispetto al 2000, se ne è parlato meno in televisione;
stabile invece il ruolo di canale informativo di periodici,
quotidiani e radio.
Che cosa sappiamo delle biotecnologie? Quasi niente.
Una parte del questionario chiedeva di valutare la verità o
la falsità di alcune affermazioni: alla domanda “E’
possibile trasferire i geni di animali nelle piante?” il 48% degli
intervistati ha risposto “non so”, il 37% “falso” e solo il 15%
“vero”. Il 37% degli intervistati ritiene inoltre che “gli animali
geneticamente modificati sono sempre più grandi di quelli
comuni”.
Ma le biotecnologie sono utili o rischiose? Dipende.
Dall’indagine emerge chiaramente che gli italiani ritengono inutile
e troppo rischiosa l’applicazione delle biotecnologie
all’agricoltura; si dividono a metà sull’utilità di
introdurre geni umani negli animali per produrre organi da
trapiantare, si oppongono alla clonazione riproduttiva e sostengono
invece l’importanza di effettuare esami genetici per scoprire la
predisposizione verso alcune malattie.
Che cosa bisognerebbe fare per sviluppare e regolamentare il
settore delle biotecnologie? L’Italia competitiva nel biotech non
interessa i consumatori, le etichette chiare sì.
Il 95% degli italiani esige speciali etichette di riconoscimento
per i cibi OGM.
Il 64% del campione non comprerebbe frutta OGM nemmeno se fosse
più buona di quella comune e il 74% non la acquisterebbe
nemmeno se costassero di meno.
Gli italiani non accettano di correre rischi né per vedere
l’Italia più competitiva nel settore delle biotecnologie,
né nella prospettiva – tanto pubblicizzata dalle industrie
del transgenico e contestata dalle associazioni ambientaliste (ndr)
– che gli OGM aiutino a risolvere la fame nel mondo. Va
sottolineato inoltre che il 38% degli intervistati non è
disposto ad autorizzare in nessun caso la commercializzazione di
cibi OGM.
E chi dovrebbe decidere? Dopo il Governo, “tutti i
cittadini”.
Il Governo è il soggetto scelto dagli italiani come avente
titolo a decidere in materia, ma dai dati emerge anche una grande
richiesta da parte del pubblico di essere coinvolti nelle
decisioni.
Ma di chi si fidano gli italiani per ciò che riguarda le
biotecnologie? Delle associazioni di consumatori.
Alla domanda “quale fonte di informazione dice le cose più
vere rispetto alle moderne biotecnologie?” il 42% del campione
risponde le organizzazioni dei consumatori, seguite da
università e scienziati (20%) e associazioni ambientaliste
(18%), queste ultime in calo rispetto all’indagine del 2000
(24%).
Claudio Vigolo
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