
Vecchi e nuovi ogm sono sottoposti alle stesse regole, ma ora le cose potrebbero cambiare. Una petizione vuole evitare questo rischio.
Il governo italiano ha deciso di accettare, nel latte per neonati, una contaminazione “accidentale” da OGM pari all’uno per cento.
La bella notizia “niente OGM nelle pappe e nei cibi destinati
all’infanzia”, risale ormai alla primavera del 1999, con l’entrata
in vigore del DPR 128 che vietava alimenti geneticamente modificati
nei cibi per bambini.
Era un decreto promosso dell’allora ministro Bindi, che bandiva
completamente tutti i prodotti che avessero subito modificazioni
genetiche nell’alimentazione destinata all’infanzia.
Gli OGM, infatti, rappresentano una ulteriore possibilità di
sviluppare intolleranze alimentari.
Sicuramente gli “hidden food”, ovvero gli alimenti “nascosti” in
altri alimenti, negli ultimi dieci anni, sono stati una delle
principali cause, per gli intolleranti, di choc anafilattico; con
l’introduzione di ingredienti transgenici questo problema rischia
di aumentare considerevolmente.
Anche per questo motivo la Fao aveva già stabilito un
percorso corretto da seguire, con controlli sulle industrie e una
corretta etichettatura, affinché gli OGM fossero sempre
rintracciabili.
Certamente un organismo geneticamente modificato necessiterebbe di
studi approfonditi sulle sue conseguenze sulla salute umana,
analoghi a quelli eseguiti per l’immissione di un comune farmaco
sul mercato, ma questi studi sono stati finora sapientemente
evitati dalle multinazionali del settore, perché non creano
profitto immediato.
Purtroppo il governo italiano ha deciso, con un decreto legge,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 ottobre 2001, e passato
praticamente inosservato, di tollerare una contaminazione
accidentale da OGM pari all’1 per cento. La medesima soglia ammessa
per gli adulti.
Un decreto che vanifica l’inchiesta della Procura della Repubblica,
condotta dal procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello,
su possibili contaminazioni OGM nel latte destinato ai neonati a
base di soia.
In caso positivo, infatti, le aziende potranno dimostrare che la
circostanza è accidentale.
E poi, come dice il proverbio… chi vivrà,
vedrà.
Betty Pajè
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