
Vecchi e nuovi ogm sono sottoposti alle stesse regole, ma ora le cose potrebbero cambiare. Una petizione vuole evitare questo rischio.
Fabrizia Pratesi
Fabrizia, cosa ne pensi dell’indomita insistenza con cui si
tenta di proporre il mais OGM?
E’ scandaloso che, dopo l’approvazione del regolamento sulla
tracciabilità degli alimenti si insista ancora nel voler
pretendere l’autorizzazione dei quattro mais OGM che Amato aveva
respinto, con un decreto oltretutto più che legittimo,
perché si basava su di un articolo del Trattato dell’Unione
Europea.
Come credi dovrebbe essere la posizione della Corte
Europea?
Mi auguro che questa volta la Corte Europea abbia un comportamento
più equo ed una visione più aggiornata della
situazione europea riguardante la materia OGM. Il mio pensiero va
al comportamento della Corte un anno fa, quando respinse il ricorso
olandese ed italiano contro la direttiva europea sui brevetti (che
spalancava le porte agli OGM e frenava la ricerca scientifica),
malgrado il tempo intercorso avesse contribuito a rendere assai
più numerosi gli oppositori e più evidenti le loro
indiscutibili ragioni e malgrado la sentenza anteponesse
evidentemente gli interessi privati ai diritti umani.
Sappiamo che alcune grandi multinazionali hanno intrapreso
un’azione legale, vuoi farci un commento.
L’azione legale della coalizione Monsanto, Syngenta (colosso
biotech nato dalla divisione agrofarma di AstraZeneca e Novartis),
Pioneer Hi Bred contro la Presidenza del Consiglio ed il Consiglio
dei Ministri Italiani è la dimostrazione di quanto urgente
sia in Europa e nel mondo la revisione delle regole internazionali,
che oggi consentono a molte multinazionali di mettere in
discussione la sovranità dei popoli, gli organismi elettivi
ed il loro operato, i principi stessi costituzionali sui quali si
basano le nostre democrazie.
Un tuo parere personale sulla questione?
Di certo, non si vede il buon senso in un’azione come quella della
Monsanto, e delle sue alleate, nella perseveranza con cui, in
generale, queste industrie proseguono per una strada intrapresa che
non ha alcuna possibilità di successo. Il rifiuto del
transgenico si sta estendendo in ogni dove, persino in quegli
stessi paesi che vorrebbero imporlo al mondo intero. Occorre un
trattamento di “psichiatria d’azienda” che possa curare la sindrome
delle industrie biotech. (Penso che si possa definire la “sindrome
del Concorde”, che rende un imprenditore tanto più ostinato
a portare avanti un suo progetto quanto più sono grandi gli
investimenti fatti su di esso, senza valutare i reali risultati che
questo produce).
Fabrizia Pratesi
Presidente del Comitato Scientifico Antivivisezionista:
www.antivivisezione.it
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