
Vecchi e nuovi ogm sono sottoposti alle stesse regole, ma ora le cose potrebbero cambiare. Una petizione vuole evitare questo rischio.
Possono coesistere, nello stesso terreno, OGM e colture tradizionali o i rischi di contaminazione sono troppo elevati?
Entro questa settimana il governo dovrebbe presentare un decreto
legge che prevede la coesistenza di colture Ogm e “libere da Ogm”.
Il decreto legge dovrebbe garantire, secondo le parole del ministro
delle Politiche Agricole Gianni Alemanno, “la libertà di
scelta di consumatori e produttori e le sementi pure dalla
contaminazione”. “Senza una legge – conclude Alemanno – ci sarebbe
uno scontro… La tolleranza zero non reggerebbe a lungo”.
L’annuncio del ministro va dunque nella direzione della coesistenza
tra coltivazioni transgeniche e non (cioè bio e
tradizionali). In campi vicini si potrà, forse, coltivare
OGM accanto a cereali tradizionali, destinati al consumo umano. E’
proprio la direzione indicata dall’UE: Bruxelles infatti ritiene
che trovare il modo di far coesistere i due tipi di coltivazioni
sia una priorità.
No, rispondono alcuni politici.
Da più parti si chiede che tutta l’Italia sia libera da
piantagioni Ogm e c’è contrarietà a ogni forma di
coesistenza. “Il modello produttivo italiano deve rimanere legato
alle sue specificità e tipicità. Non deve essere
inquinato dalla monocoltura standardizzata degli OGM”. E il
responsabile agricoltura di un partito d’opposizione sottolinea:
“Non è poi necessario un Ddl sulla coesistenza: l’UE lo
‘raccomanda’, non c’è vincolo giuridico. Nessuno scarichi
responsabilità”.
No, rispondono le regioni.
E’ a livello locale che le resistenze si fanno dure. Lo stesso
Alemanno ha riscontrato un’inaspettata “intransigenza” nei
presidenti di molte regioni italiane, e ricordiamo che in Italia,
dove il Ministero dell’Agricoltura è stato soppresso da un
referendum, le competenze in materia sono state trasferite proprio
alle regioni. E dieci regioni europee hanno anche sfidato la
Commissione UE, rivendicando il diritto di proibire sul proprio
territorio la coltivazione di piante OGM. Toscana e Alta Austria si
sono fatte promotrici del ricorso presso il Tribunale di prima
istanza della Corte europea di Giustizia, contro la Commissione che
aveva deciso di non consentire la messa al bando delle coltivazioni
biotech, e hanno aderito per l’Italia Toscana e Marche, poi l’Alta
Austria, le francesi Aquitania e Limousin, i Paesi Baschi spagnoli,
il Galles, la regione di Salisburgo, lo Schleesiwing-Holstein in
Germania e la Tracia in Grecia. Protesta anche un intero Stato,
l’Austria, che nel settembre 2003 s’è vista bocciare la
richiesta di rifiutarsi di importare e coltivare OGM, in base
all’articolo 95(5) del Trattato CE (secondo cui uno Stato membro
può derogare dalle misure d’armonizzazione delle leggi in
caso che emergano nuove prove scientifiche o per particolari e
specifiche condizioni dello Stato).
No, rispondono le associazioni di consumatori.
Un secco ‘no’ alla possibilità di coesistenza tra campi OGM
e OGM-free è arrivata dall’Intesa dei Consumatori. “La
simultaneità tra agricoltura tradizionale biologica e
transgenica è assolutamente da evitare”. “Con la coesistenza
? dichiara l’Intesa – vi è il rischio che in poco tempo i
campi non-OGM siano contaminati da sementi transgeniche, con un
effetto domino che trasformerebbe l’intera agricoltura italiana”.
“Il rischio è di penalizzare pesantemente la qualità
delle produzioni nazionali e a tutto svantaggio dei consumatori,
creando incertezza e caos”.
No, rispondono le associazioni ambientaliste.
Che richiedono un referendum, tolleranza zero nella contaminazione
da Ogm nelle sementi convenzionali e biologiche, sistema di
controlli adeguato e provvedimenti che dichiarino Ogm-free i
territori comunali, provinciali e regionali. Sono le richieste
degli Stati Generali della coalizione “Liberi da Ogm”, composta da
forze politiche e istituzionali bipartisan, associazioni di
categoria del mondo agricolo, industriale e della distribuzione
della filiera agroalimentare,consumatori,associazioni
ambientaliste,Regioni, riunitesi a Roma il 5 novembre.
Vediamo un po’, invece, risponde il Vaticano.
Nel dibattito sugli organismi geneticamente modificati “la posta in
gioco è alta e delicata” e tutti, Santa Sede compresa, sono
soggetti a “pressioni diversificate e incompatibili”. Così
il card. Martino, presidente del Pontificio consiglio per la
giustizia e la pace, ha spiegato le ragioni del seminario di due
giorni sugli Ogm, voluto dal Vaticano. Scienziati di livello
internazionale si confrontano sulla problematica relativa agli Ogm,
e “i dati raccolti potranno servire ad aiutare un discernimento
etico e pastorale”. Il Vaticano infatti ha convocato un convegno a
porte chiuse, cui partecipano 40 esperti provenienti da tutto il
mondo, India e Cina compresi.Servirà a chiarire se i cibi
biotecnologici sono una vera risorsa per sconfiggere la fame nel
mondo, quindi una speranza per l’intera umanità, oppure una
minaccia per tutto il creato. Quattro i filoni del dibattito:
ricerca scientifica, alimentazione e commercio, sicurezza
ambientale e sanità, prospettive etiche. La posizione del
Vaticano è stata fino ad oggi di grande prudenza.
Molti ‘no’. Troppi ‘forse’. Troppi rischi?
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Vecchi e nuovi ogm sono sottoposti alle stesse regole, ma ora le cose potrebbero cambiare. Una petizione vuole evitare questo rischio.
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Bloccato alla Camera quello che, secondo un fronte di associazioni, era un rischio di apertura ai nuovi ogm. Lo stesso giorno il Senato ha approvato all’unanimità la legge sul biologico.
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