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E’ partita la spedizione trentina in Patagonia, gli scalatori saranno in contatto con l’Italia grazie ad un telefono satellitare e ad un pc portatile.
Se un tempo gli alpinisti sfidavano le montagne accompagnati
soltanto dal silenzio e dalla maestosità delle vette, oggi
gli eredi di quei coraggiosi avventurieri possono sperare di
sentirsi un po’ meno soli.
Venerdì 5 ottobre è partita da Trento alla volta
della Patagonia la spedizione che cercherà di conquistare la
vetta del Cerro Torre, aprendo un nuovo tracciato al centro della
ripidissima parete est della montagna. Anche se misura soltanto
3.128 metri, la cima ha fatto la storia dell’alpinismo, impegnando
negli anni decine di scalatori. Protagonisti dell’avventura sono
Ermanno Salvaterra, noto arrampicatore di Pinzolo, già
salito sul Cerro Torre nel 1995 e le guide di Arco Mauro
Giovanazzi, Walter Gobbi e Paolo Calzà, animatori del Rock
Master, una delle più interessanti dimostrazioni pubbliche
di climbing.
Gli alpinisti, però, questa volta non saranno soli. Grazie
ad un telefono satellitare ed a un pc portatile, il gruppo
sarà in contatto costante con l’Italia e i navigatori
potranno seguire online, passo dopo passo, la spedizione. La
scalata, che dovrebbe durare circa sessanta giorni, si preannuncia
molto difficile, soprattutto per la possibilità che in quota
si verifichino improvvise scariche di ghiaccio. Una volta
trasportati il bagaglio e le attrezzature da Buenos Aires a El
Chaten, ultimo avamposto situato nel parco Los Glaciares nella
Terra del Fuoco, il materiale verrà portato con cavalli fino
alla base del ghiacciaio perenne, presso il Laguna Torre, a quota
580 metri sul livello del mare.
Dopo aver realizzato una truna, una casetta scavata nella neve alla
base del muro di roccia, il gruppo inizierà ad attrezzare il
primo tratto di parete, che li porterà a quota 300 metri,
sul triangolo di ghiaccio che segna l’inizio della salita vera e
propria. Da quel momento in poi, l’arrampicata del quartetto
proseguirà con l’ ausilio di speciali amache-tenda rigide da
parete biposto, appositamente studiate per poter ospitare gli
scalatori per circa 20 giorni, senza costringerli a discese sino al
campo base. Sino ad oggi sono già nove le vie aperte sul
Cerro Torre, anche se sono soltanto due, la cresta est di Maestri e
la sudovest di Ferrari, quelle che permettono di raggiungere la
vetta in maniera autonoma.
Luca Bernardelli
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