Chiude la riunione della Commissione baleniera Internazionale (IWC) a Ulsan, in Corea del Sud. Anche se il Giappone e i Paesi a favore della riapertura della caccia alle balene non hanno conquistato i voti necessari ad aumentare le quote di balene cacciabili, il Giappone ha annunciato che andrà avanti unilateralmente, raddoppiando la caccia: così, per dicembre finiranno sotto gli arpioni giapponesi quasi un migliaio di balene. A livello internazionale il “no” alla caccia commerciale alle balene resiste. Ma l’atteggiamento del Giappone è sempre più aggressivo e prima che la sua politica “dell’acquisto dei voti” porti ad un passo indietro, Greenpeace e Lav in Italia denunciano: “Il Giappone ha un’atteggiamento arrogante – dichiara Maria Teresa D’Agostino, responsabile Lav pesca e itticoltura – perché non tiene in alcuna considerazione il fronte sempre più ampio di dissenso internazionale nei confronti della caccia alle balene, nega l’evidenza scientifica di intere popolazioni di questi cetacei ormai al collasso e non considera in alcun modo le implicazioni etiche di questo tipo di caccia cruenta che, a causa delle dimensioni di questi mammiferi, non consente la pratica di una morte che sia almeno rapida e indolore”. La caccia alle balene è stata messa sotto moratoria dal 1986 dall’IWC. Eppure ogni anno vengono uccisi 1400 grandi cetacei, ad opera di baleniere norvegesi e giapponesi, in operazioni di caccia commerciale e cosiddetta “scientifica”. A Norvegia e Giappone nel 2003 si è aggiunta l’Islanda che ha ucciso nello stesso anno oltre 30 balenottere a scopo di “ricerca”. Come vengono uccise? Il metodo di uccisione dovrebbe essere “umano”, secondo una definizione del 1957 dell’IWC. L’esplosione di un’arpione a granata di pentrite, progettata per esplodere all’interno del corpo della balena, crea un’ampia ferita, di almeno 20 cm di larghezza, le cui dimensioni triplicano quando gli ardiglioni dell’arpione s’uncinano nel corpo della balena. Malgrado la potenza dell’arpione esplosivo, per “finire” le balene, ma anche come metodi di uccisione primari, si ricorre spesso ad altri strumenti, come fucili, arpioni elettrificati, arpioni non esplosivi.