La notizia è di quelle che dovrebbero far riflettere. Un nuovo studio dell’Unep ha svelato le cifre sui benefici e sui costi derivanti dalle attività di deforestazione in Kenya. Proteggere gli alberi e le cinque foreste montane presenti nel paese – anche conosciute come “Torri d’acqua” – vale quattro volte di più. La deforestazione, infatti, avrebbe privato l’economia kenyana di circa 53 milioni di euro (5,8 miliardi di scellini) nel 2010, rispetto ai 12 milioni di euro (1,3 miliardi di scellini) fatturato prodotti dall’industria del legname. Le cinque “Torri d’acqua” garantiscono il 75 per cento delle risorse idriche potabili e di superficie all’anno. Fiumi e laghi raccolgono grazie alle precipitazioni 15,8 miliardi di metri cubi d’acqua. Tra il 2000 e il 2010 la deforestazione ha coinvolto circa 28mila ettari e ridotto la portata d’acqua di 62 milioni di metri cubi all’anno. Ma Achim Steiner, direttore dell’Unep, ha anche riconosciuto l’impegno intrapreso dal governo nel rigenerare la foresta Mau che si trova nella Rift Valley: “Oggi il Kenya sta emergendo all’interno del gruppo di paesi che pongono la natura al centro delle ambizioni di sviluppo sostenibile”. Le buone notizie non finiscono qui. Secondo il Kenya national bureau of statistics il contributo economico delle foreste sarebbe stato addirittura sottostimato. Calcolato intorno al 2,5 per cento del pil, le ultime stime lo darebbero al 3,6 per cento. Tutto dunque porta verso la stessa conclusione. Il business è cambiato. Profitto e pianeta non possono proseguire su strade parallele.