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Francia, costretti a dimettersi per aver pubblicato foto di caccia in Africa
I coniugi, che gestivano un supermercato, si sono dimessi dopo le polemiche scatenate dalle foto divenute virali.
Se un tempo uccidere fauna selvatica e mostrare pubblicamente le foto dei propri trofei di caccia era socialmente accettato, oggi lo è sempre meno. Lo hanno imparato a loro spese due coniugi francesi, costretti a dimettersi dal proprio posto di lavoro dopo che le foto che li ritraggono sorridenti davanti a numerosi animali morti, pubblicate sui social, sono diventate virali.
Au bon plaisir de tuer des animaux, la famille Alboud, propriétaire du #SuperU d’#Arbresle
Ces personnes sont immondes de cruauté, leur photos comme trophées pic.twitter.com/xa9EZqlYsF— virginie (@2711virginie) 9 luglio 2019
Rischio boicottaggio
L’uomo e la donna gestivano un supermercato della catena Super U, che fa parte della società cooperativa Système U, nella città di L’Arbresle, piccolo comune della regione Alvernia-Rodano-Alpi. In seguito alle forti proteste scaturite dalle foto, risalenti al 2015, ma diventate virali su Twitter solo nei giorni scorsi, e alle numerose minacce di boicottare i punti vendita della catena, il gruppo ha annunciato che la coppia avrebbe lasciato il proprio posto di lavoro con effetto immediato. “Queste immagini sono completamente contrarie ai valori difesi dalla cooperativa – ha annunciato in una nota il gruppo che gestisce i supermercati Super U. – Condanniamo fermamente queste attività anche se si tratta di attività private dei proprietari del supermercato”. Data “la gravità della situazione”, ha spiegato un portavoce della società francese, il proprietario del negozio e sua moglie hanno deciso, d’accordo con il gruppo, di dimettersi.
Quand la connerie humaine n’a pas de limite … ???#SuperU #Arbresle #Alboud pic.twitter.com/4wLQdvTnAH
— Miss de Bretagne ? (@ysa_bella00) 9 luglio 2019
Il ricordo di Cecil
Le foto “incriminate” mostrano i due che posano felici vicino ai corpi senza vita di diversi animali, tra cui un leone, un leopardo, un ippopotamo e un coccodrillo. Non è chiaro in quale paese si siano svolti i safari, le immagini sono però state pubblicate anche da un sito web che organizza battute di caccia grossa nella provincia sudafricana del KwaZulu-Nata, nota per la sua grande fauna, e in Tanzania.
Sul sito è anche riportato il listino prezzi: uccidere un leopardo può costare fino a 7.150 dollari, mentre la vita di un ippopotamo vale 3.399 dollari. Lo sdegno per la vicenda ha ricordato quello sollevatosi in seguito all’uccisione del noto leone Cecil, il leone simbolo del parco nazionale di Hwange, in Zimbabwe, ucciso nel 2015 da un dentista statunitense.
Uno “sport” assurdo
Si può discutere se sia o meno giusto privare due persone del lavoro, in seguito alle pressioni esercitate dall’opinione pubblica, per aver compiuto un’attività immorale ma legale. Quel che invece è certo è che non dovrebbe più essere consentito uccidere per divertimento specie protette e a rischio estinzione. Il numero di leoni africani (Panthera leo), ad esempio, è infatti in costante calo e la specie è classificata come “vulnerabile” dalla Lista Rossa della Iucn. In appena un secolo la popolazione è crollata da 200mila individui agli attuali 20mila, con una perdita di oltre il 40 per cento degli esemplari in meno di trenta anni.
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