I ricercatori hanno osservato un crollo del numero di megattere nel Pacifico causato dalla mancanza di cibo a seguito di un’ondata di caldo anomalo
Georgia del Sud, aumentano esponenzialmente gli avvistamenti di balenottere azzurre
In soli 23 giorni i ricercatori hanno osservato 55 balenottere azzurre. È il numero più elevato mai registrato dopo che la caccia commerciale le aveva quasi condotte all’estinzione.
Le acque della Georgia del Sud, remoto arcipelago che sorge nell’oceano Atlantico meridionale, ribollivano un tempo di giganti. Si stima che vi vivessero infatti circa 240mila balenottere azzurre (Balaenoptera musculus), tra le creature più grandi mai comparse sul pianeta, più che in qualsiasi altro luogo. Questi colossali animali subirono però un drastico declino a causa della caccia tra il XIX e l’inizio del XX secolo, quando la popolazione fu ridotta di circa il 97 per cento.
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Si calcola che dal 1866 furono catturati oltre 380mila esemplari dalle acque antartiche, e la popolazione della Georgia del Sud scese a meno di tremila individui, 2.280 secondo una stima del 1997. Quando, nel 1966, la International whaling commission (Iwc) vietò la caccia a questi cetacei, avvistare una balenottera azzurra era un avvenimento raro. Oggi, dopo anni di avvistamenti scarsi e saltuari, il numero di animali sembrerebbe essere aumentato esponenzialmente.
Il ritorno dei giganti
Lo ha riferito la British antarctic aurvey (Bas), che in un recente monitoraggio durato ventitré giorni ha contato cinquantacinque balenottere azzurre. Un numero sensazionale se si pensa che, negli anni scorsi, venivano osservati uno o due animali all’anno. Il dato testimonia il graduale ritorno di questa specie, classificata “in pericolo” dalla Lista Rossa della Iucn, nelle antiche aree di alimentazione della Georgia del Sud, vero epicentro della caccia alla balena all’inizio del XX secolo.
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Un aumento sorprendente
“Per una specie così rara, si tratta di un numero di avvistamenti senza precedenti e suggerisce che le acque della Georgia del Sud siano ancora un’importante area di alimentazione estiva per questa specie rara e poco conosciuta”, hanno affermato i ricercatori che hanno partecipato alla spedizione.
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“Siamo passati da praticamente nulla, a cinquantacinque esemplari in un solo anno, è sorprendente”, ha commentato entusiasta alla Bbc Trevor Branch, esperto di cetacei dell’università di Washington. I ricercatori hanno effettuato il censimento a bordo della nave da ricerca Braveheart, identificando balene appartenenti a varie specie sia visivamente che acusticamente, attraverso appositi idrofoni in grado di registrarne le vocalizzazioni e i canti.
Blue whale comeback at South Georgia! BAS biologist Dr Jennifer Jackson @polarbiome shares exciting updates from the wild water whales expedition https://t.co/nhUz0clbIc @Darwin_Defra @EmzCarroll @SGHTcharitysite @FOSGI_News @GovSGSSI #SGWhale #SouthGeorgia #ScienceNews #Whales pic.twitter.com/Hr4lrSuBiY
— Antarctic Survey (@BAS_News) February 7, 2020
Non solo balenottere azzurre, molte specie sono in aumento
Grazie alle leggi di tutela e, soprattutto, alla moratoria sulla caccia commerciale, i numeri di diverse specie di balena dell’emisfero australe sono finalmente in crescita, dalle balene franche (Eubalaena australis) alle megattere (Megaptera novaeangliae). L’unica eccezione sarebbe rappresentata dalla balenottera minore antartica (Balaenoptera bonaerensis).
Georgia del Sud, un paradiso per la fauna marina
Le acque della Georgia del Sud sono particolarmente amate dalle balene e da una grande varietà di creature marine, come pinguini e foche che abitano l’arcipelago, e possono dunque ancora sostenere una vasta popolazione di balene. Tale concentrazione di biodiversità si spiega con l’abbondanza di krill, piccolo crostaceo dell’ordine del Euphausiacea che rappresenta la principale fonte di sostentamento per molti cetacei.
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“Sappiamo che cento anni fa la Georgia del Sud era un buon posto per le balenottere azzurre e ora, dopo decenni di protezione, sembra che queste acque siano di nuovo ospitali”, ha dichiarato la ricercatrice che ha guidato il monitoraggio, Jennifer Jackson.
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