Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf Italia e curatore dell’edizione italiana del rapporto “State of the World” che il Worldwatch Institute pubblica annualmente. Forse è presto per fare un bilancio dei danni ambientali causati dallo tsunami, ma proviamo a dare uno sguardo. Le barriere coralline per esempio sono andate distrutte?Abbiamo informazioni dalla Tailandia. Secondo una prima stima il 5-10% delle barriere hanno subito un danno meccanico e si sono rotte. Le barriere in tutto il mondo soffrono già degli effetti che gli interventi umani. Due terzi delle barriere coralline mondiali soffrono sia degli incrementi delle temperature medie del mare, sia del problema della distruzione costiera del mare per gli insediamenti di infrastrutture, sia per il grave problema dei sedimenti. Com’è la situazione delle spiagge e dei fondali?Abbiamo numerosi dati, provenienti anche dai satelliti, su come moltissime zone di spiaggia in India, Indonesia e Malesia abbiano ricevute seri problemi di erosione e inquinamento, perché naturalmente c’è stato una mobilitazione da terra in mare di varie sostanze inquinanti e questo tocca alcune aree di grande importanza per la riproduzione delle tartarughe marine. Si è sentito dire che gli animali sono scappati prima dell’arrivo dell’onda?E’ un tema molto complesso e delicato, si ha la sensazione che ci sia una sensibilità forte per questo tipo di “fenomeni naturali” da parte di molti animali selvatici. E’ chiaro che queste sensazioni devono essere appurate scientificamente. Sappiamo di episodi singolari come quello che è successo in un parco naturale in Tailandia: un gruppo di turisti che giravano con degli elefanti sono diventati testimone come questi scappavano nella direzione opposta del mare prima dell’arrivo dell’onda. Chi li guidava non riusciva a capire perché. E’ significativo che fino ad oggi non sono state trovate carcasse di elefanti né in Sri Lanka né in India. Quanto è grave il problema dell’inquinamento, visto che il mare ha spazzato via tutto, forse anche fabbriche che usano o producono sostanze chimiche pericolose?E’ certamente un pericolo serio, ma non abbiamo ancora dati dettagliati. Paradossalmente dagli immagini che si sono avuti dai drammatici filmini amatoriali, un’idea ci si può fare, ma non sappiamo se sono state riprese in zone di fabbriche. L’impressione che si ha nel guardare queste immagini non è la più tranquilla. La ricostruzione porta con se un problema di deforestazione?E’ un problema serissimo. Se i sistemi naturali mantengono la loro vitalità e la loro capacità di resistenza, riescono a fornire all’umanità tutta questa incredibile marea di servizi che, tra l’altro, non contabilizziamo. Nessun paese al mondo contabilizza i servizi che la natura quotidianamente offre alla nostra sopravvivenza e che vanno dall’alimentazione all’acqua, alla fotosintesi, alla rigenerazione del suolo, alla composizione chimica dell’atmosfera. Noi ovviamente ci occupiamo di questo e riteniamo che lì vada posta l’attenzione nella ricostruzione. Può diventare anche l’ occasione di un grande restauro ecologico di zone che sono state fortemente depredate, perché gli insediamenti turistici raramente hanno rispettato la presenza di sistemi naturali. In molti casi hanno distrutto le foreste di mangrovie e creato seri problemi alle barriere coralline antistanti. Potremmo avere, nel dramma, l’occasione per fare una restaurazione dei sistemi naturali. Claudio Vigolo Rita Imwinkelried