Mentre nell’appena concluso processo sul Petrolchimico di Marghera le indagini si sono svolte su malattie e decessi di operai degli stabilimenti, a Mantova sembra coinvolta anche la popolazione residente nei pressi della Montedison, dove si trova l’inceneritore per rifiuti tossici nocivi ora Enichem. Molti dei 30 sarcomi delle parti molli sono stati diagnosticati su persone che non lavorano negli stabilimenti industriali. Questi sarcomi sono un rarissimo tipo di tumore per i quali, secondo lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità, il fattore rischio sarebbe da cercare nella cosiddetta “diossina di Seveso” (TCDD), la sostanza che nel 1976 era uscita all’Icmesa di Seveso. Lo stesso Istituto ha anche rivelato l’esito di alcuni studi che indicano per la popolazione residente nel raggio di due chilometri dall’inceneritore dell’Enichem la probabilità di ammalarsi di sarcoma 34 volte superiore alla media. Inoltre la Procura ha in mano delle statistiche che dimostrano che nel reparto distribuzione liquidi e servizi sono morti di tumori maligni 20 operai in più della media, nel reparto cloro-soda i tumori allo stomaco hanno ucciso cinque volte più della norma, e i linfomi, tumori correlati all’esposizione di benzene e stirene, otto volte in più rispetto ai casi attesi. Già nel 1986 la popolazione di Mantova aveva avanzato con duemila firme la richiesta per un’indagine epidemiologica. Ma da allora non successe a fino al 1996, quando un medico di base, la dottoressa Gloria Costani (attuale responsabile locale di Legambiente), si rese conto che tra i suoi pazienti residenti nelle vicinanze della zona industriale si era verificato un forte aumento dei sarcomi ai tessuti molli. Ha quindi coinvolto suo marito, l’ingegnere Paolo Rabitti che è anche responsabile locale di Legambiente e consulente di Felice Casson per Marghera, e insieme non hanno più mollato finché le istanze pubbliche si sono occupate del problema.