Il ministro del turismo e delle risorse naturali della Tanzania, Khamis Kagasheki, ha annunciato l’intenzione di istituire un “corridoio verde” di 1.500 chilometri quadrati ai margini del parco nazionale del Serengeti. Quest’area protetta servirebbe ad agevolare le attività di una società di Dubai, la Ortello Business Corporation (Obc), che da vent’anni organizza safari e battute di caccia per clienti milionari. Una decisione che, però, metterebbe a rischio la vita di 30mila dei 66mila masai che da decenni conducono attività di pascolo all’interno dei 4.000 chilometri quadrati del distretto settentrionale di Loliondo, lungo il confine con il Kenya, e a cui verrebbe negato il passaggio all’interno del corridoio. La popolazione totale che fa parte della tribù Masai è composta da oltre un milione di abitanti. Il pascolo è la fonte di reddito principale per i masai e impedire loro l’attraversamento vorrebbe dire negare la possibilità alle famiglie di pagare, ad esempio, le rette scolastiche dei figli o di comprare il materiale didattico. Per questo 55 rappresentanti locali hanno minacciato proteste e forme di resistenza come l’intenzione di dimettersi dai loro ruoli istituzionali. Una delle motivazioni addotte dal ministro Kagasheki nel corso di un’intervista a un quotidiano locale riguarda l’impatto negativo che le attività di pascolo avrebbero sull’area che invece avrebbe bisogno di essere tutelata. Secondo Samwel Nangiria, coordinatore di un gruppo formato da diverse ong locali, lo stile di vita masai sarebbe – al contrario – in piena armonia con la natura e che in realtà il governo non apprezzerebbe l’eccessiva libertà di cui gode la tribù, giudicata poco produttiva per l’economia del paese. La Obc, la società degli Emirati Arabi Uniti che avrebbe più benefici da questa decisione, sarebbe l’unica autorizzata a usare il corridoio naturale come passaggio per trasportare i turisti durante i safari e le battute di caccia. Già in passato il governo della Tanzania aveva cercato di sfrattare i masai da Loliondo per lo stesso motivo (favorire la Obc), ma con altri mezzi e altre giustificazioni. Lo scorso anno solo una petizione internazionale di Avaaz firmata da circa un milione di persone riuscì a far cambiare idea al presidente Jakaya Kikwete che ritirò l’ordine di sfratto. Oggi la situazione sembra essere più complicata, anche perché il tentativo è quello di cavalcare l’onda verde che vede diversi paesi in via di sviluppo impegnati nel tentativo di conservare e tutelare le proprie risorse naturali.