La storia di Laika, la prima cagnetta nello spazio, nelle parole di Dino Buzzati

Ci affidiamo a questo articolo, d’annata, di Dino Buzzati. Qui, lo scrittore risponde a un letterato che immaginava una Laika tutta contenta di fare pipì accanto a una stella.

La storia di Laika è rimasta un po’ nebulosa, nei dettagli, persi nel tempo tra le pieghe dei segreti di stato sovietici.

Laika fu il primo essere vivente lanciato nello spazio dall’uomo, il suo vero nome era “Kudrjavka”, “ricciolina”, una cagnolina randagia accalappiata a Mosca, un incrocio tra husky e terrier. Fu scelta per la sua giovane età, circa 3 anni, e le sue piccole dimensioni. Quando l’Urss lanciò Laika i comunisti, anche quelli nostrani, esultarono al progresso sovietico. Ma non tutti furono d’accordo.

La missione di Laika il 3 novembre 1957, a bordo della capsula spaziale sovietica Sputnik 2

L’urgenza di lanciare nello spazio questo satellite all’epoca non fu dovuta solo alla frenesia di segnare una nuova tappa dell’esplorazione dello spazio, ma anche per riaffermare la supremazia della tecnologia sovietica con lo Sputnik 1 e il primato spaziale sugli Stati Uniti. L’obiettivo dell’Unione Sovietica, nel 1957, era quello di mandare in orbita un nuovo satellite in occasione del quarantesimo anniversario della Rivoluzione d’ottobre e ovviamente battere sul tempo gli americani per la seconda volta. E forse anche distrarre il mondo dal tentato colpo di stato contro Krusciov e l’affare Zukov.

C’erano tre progetti molto elaborati, ma nessuno di questi poteva essere completato per l’anniversario.

Così si decise di creare alla bell’e meglio un quarto satellite per la missione. Un cono con tre bauli di ferro dentro, uno dei quali con dentro Laika, incuneato su un razzo Semyorka R-7.

Il lancio fu imposto dunque per batter sul tempo gli americani per la seconda volta. Il presidente Krusciov il 12 ottobre annunciò trionfalmente la partenza dello Sputnik 2 con un cane vivo a bordo. Per il lancio, i cani selezionati erano tre: Albina, Muschka e Laika. Mushka servì nella fase di preparazione per testare i parametri vitali nella capsula, mentre Albina avrebbe sostituito la povera Laika in caso di imprevisti. Tutte e tre furono sottoposte a un duro addestramento: prima chiuse per 20 giorni in gabbie molto strette per abituarsi a spazi ridotti, e poi a test ancora più duri. I cani soffrirono molto e Laika stessa iniziò ad avere attacchi di panico e di rabbia. Le torture, ovviamente, non finirono qui. Per simulare il lancio, vennero anche centrifugati. Chiusero Laika nella capsula tre giorni prima della partenza, per darle il tempo di abituarsi…

Il lancio avvenne alle 2:30 del 3 novembre 1957 dal Cosmodromo di Baikonur. I parametri vitali mostrarono fin da subito un battito del cuore molto accelerato e l’audio registrò i suoi guaiti. Inimmaginabile, quello che sentì. Dopo tre ore sembrò tranquillizzarsi. Riuscì a mangiare, dato che si sentì il biascichio della pappetta gelatinosa che aveva a disposizione. Ma le registrazioni fanno supporre – e sperare – che Laika sia morta presto, per shock termico, dato che la temperatura poi salì a oltre 40 gradi per un guasto nel sistema. È improbabile che la povera cagnetta sia sopravvissuta quattro giorni come narrano alcune versioni.

Il satellite, o meglio i suoi rottami bruciati, riatterrarono circa 5 mesi dopo, il 14 aprile 1958, dopo aver compiuto 2.570 giri intorno alla terra. Questo viaggio nello spazio colpì molto l’opinione pubblica del mondo intero. Se molti inneggiarono alla gloria scientifica, altri invece elevarono le prime critiche contro l’utilizzo di animali per scopi scientifici spaziali. Gli americani, si sa, usavano sistematicamente gli scimpanzé in test assurdi. “Le scimmie si comportano sempre male, provano a toccare tutto quello che possono – avrà poi modo di dire Vladimir Ponomarenko, allora capo dell’accademia spaziale – invece il cane è amico dell’uomo, ed è facile da addestrare”.

La missione, fin dall’inizio, non prevedeva il ritorno in vita dell’esserino a bordo. Non c’erano gli scudi termici per il rientro, ma nemmeno le attrezzature per far sopravvivere alcunché nello spazio per più di poche ore. Il governo sovietico diffuse prima la notizia dell’esistenza di un paracadute, poi di aver previsto a bordo della capsula del cibo avvelenato per far morire “dolcemente” l’animale.

Mentre in Italia qualcuno si sperticò in lodi per l’operazione, immaginando che Laika sarebbe stata felice di essere la prima cagnetta a fare pipì accanto a una stella, lo scrittore e giornalista italiano Dino Buzzati la pensava diversamente.

Illustre signor De Madariaga,
abbiamo letto, col piacere che può dare l’ingegnoso ed elegante scherzo di un gran signore della cultura europea qual è lei, l’elzeviro pubblicato martedì scorso dal ‘Corriere della Sera’, nel quale s’immagina un dialogo fra la cagnetta Laika chiusa nel satellite in volo e un’oscura cagnetta britannica… Laika non trova crudele che gli uomini l’abbiano scaraventata in cielo con lo sputnik, anzi se ne compiace altamente e si sente presa nella parte di pioniere…

Ebbene, illustre De Madariaga, con tutta la considerazione che lei merita, ho il sospetto che lei stavolta si sia lasciato un po’ prendere la mano dalla letteratura?
Immaginare, come fa lei, che il tremendo compito assegnatole inorgoglisse ed esaltasse Laika, è sinonimo di assurdo.

Laika felice di esplorare gli spazi per prima? Laika ebbra di velocità? Laika soddisfatta di “non fare nessuno sforzo per respirare”? Laika compiaciuta del perfetto battito cardiaco?…

Ma nessuno venne, nessuna mano le accarezzò le gola, i suoi lamenti non furono percepiti dai perfetti apparecchi degli osservatori sovietici. Dio solamente li udì, povera bestiola. Altro che cupidigia della scienza!

Del resto, le è sfuggita, proprio alla chiusura dell’articolo, una svista sintomatica. Niente di grave, intendiamoci. Un infortunio zoologico di minuscola rilevanza.

Là dove la “sua” Laika dice: “Pensa, una cane che per anni si è contentato di alzare la zampa posteriore contro un lampione a gas ora può far lo stesso contro una vera stella!”

L’immagine è brillante e patetica… Ma purtroppo è sbagliata. Mai, in vita sua, la cagnetta Laika alzò una zampa contro lampioni, muri o prati. Occorre forse aggiungere il perché?

E conclude: “Addio dunque, gentile cagnolino che non scodinzoli più, che non avrai più una cuccia, temo, né il prato, né la palla, né il padrone. Tu morrai in crudele solitudine senza saper d’essere un eroe della storia, un simbolo del progresso, un pioniere degli spazi. ancora una volta l’uomo ha approfittato della tua innocenza, ha abusato di te per sentirsi ancora più grande e darsi un mucchio di arie”.

Dino Buzzati, “Corriere dell’Informazione”, 16-17 novembre 1957

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