Attraverso lo spontaneo fluire della scrittura l’individuo rende manifesta la propria essenza o natura più profonda, accedendo all’unità originaria. L’arte della calligrafia, infatti, consente all’individuo di rimettere in ordine le correnti del qi (energia) del corpo e permette un’armonica esternazione delle emozioni. Per questo la pratica della calligrafia è ancora oggi considerata in chiave terapeutica oltre che artistica. Paola Billi e Nicola Piccioli, maestri di calligrafia, ci tengono a precisare che “per costituire un vero atto terapeutico la calligrafia deve essere praticata in uno stato di quiete interiore, l’individuo deve calarsi nell’atto della scrittura convogliando tutte le sue energie e la sua attenzione sul foglio, in modo da accedere alle proprie origini”. E’ importante, nella calligrafia, come per altro nella meditazione, che corpo, mente e spirito (coscienza) si trovino contemporaneamente impegnati in un unico e consapevole atto che, via via si fa sempre più fluido e naturale, guidato da quell’intelligenza originaria scevra da divisioni, blocchi, resistenze. Uno stato mentale e di azione che va esercitato, addestrato e che porta all’affioramento spontaneo della voce dell’intuito acquisendo padronanza nel movimento del pennello sul foglio bianco che simboleggia il vuoto (un vuoto cosmico, mentale e pratico). L’iter si caratterizza nell’apprendimento e nella sperimentazione delle 5 forme della scrittura “han” (zhuan, degli scrivani, corsiva, normale, corrente) e degli stili calligrafici. Un’avventura che in questi giorni è oggetto di confronto e di discussione in Corea, in occasione della terza edizione mondiale di calligrafia, dal titolo “L’unità oltre la linea”, manifestazione internazionale di cui Piccioli e Billi (chiamati a rappresentare l’Italia), sono gli unici occidentali. Daniela Milano