Covid-19

Come l’Ecuador è diventato uno dei paesi più colpiti dal coronavirus in America Latina

La città di Guayaquil è diventata l’epicentro della diffusione del coronavirus in Ecuador. Il paese non è riuscito a gestire nuovi contagi e morti, portando il sistema sanitario al collasso senza sapere la reale entità del disastro.

Entrando a Guayaquil, in Ecuador, colpisce da subito la vista delle bare. Macchine, pick-up e furgoncini carichi di bare, bare sulle strade, ovunque. File di bare fuori dai cimiteri. Le famiglie sono costrette a tenere in casa i corpi dei propri cari per diversi giorni, e l’odore terribile si aggiunge al dolore della perdita. Le pompe funebri hanno esaurito le bare e tutti ne hanno bisogno. Le “corona-bare”. Il comune ne ha fatte costruire quattromila in cartone per cercare di far fronte alla domanda. È come se tutta la città respirasse morte e disperazione. Il coronavirus ha colpito molto duramente la città più grande dell’Ecuador, normalmente vivace, ora terribilmente silenziosa.

Una bara di cartone con un corpo in un cimitero di Guayaquil, Ecuador
Una bara di cartone in un cimitero di Guayaquil, Ecuador © Eduardo Maquilon/Getty Images

L’Ecuador è uno dei paesi con il più alto numero di casi di coronavirus in America Latina dopo il Brasile e il Perù, e ha uno dei tassi di mortalità pro capite a causa della pandemia. Sono stati registrati 31.881 casi e 1.569, ma le autorità presumono l’esistenza di centinaia di morti in più a causa del virus. “L’alto livello di migrazione nel paese e i contatti con paesi come la Spagna probabilmente hanno contribuito alla situazione attuale”, afferma Esteban Ortíz, un esperto di salute pubblica che aiuta il governo ecuadoriano con le misure di contenimento del virus.

Coronavirus a Guayaquil, Ecuador
Persone in fila per seppellire i propri cari in Guayaquil © Eduardo Maquilón/Getty Images

La paziente zero in Ecuador

Il primo caso di coronavirus è stato annunciato dal governo il 29 febbraio: una donna di 71 anni arrivata a Guayaquil da Madrid due settimane prima ha dichiarato di avere avuto febbre e dolore durante il viaggio, ma non è stata esaminata dal personale medico in aeroporto. In seguito è andata a Babahoyo, una cittadina a un’ora e mezza di distanza, e due giorni dopo ha partecipato a un evento in famiglia. Quando il ministero della Salute l’ha identificata come paziente zero, la donna aveva già viaggiato per molti chilometri, diffondendo il virus.

Il presidente Lenín Moreno ha dichiarato l’emergenza sanitaria il 12 marzo e il giorno seguente la paziente zero è morta, diventando la prima vittima del Covid-19 in Ecuador e senza aver mai saputo di aver contratto il virus. Il giorno seguente è morta una delle sue sorelle, anche lei a causa del virus.

Il tasso nazionale di infezione è aumentato drammaticamente a partire dal 17 marzo, quando il numero degli infetti è quasi raddoppiato rispetto al giorno precedente: da 58 a 111.

 

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L’emergenza sanitaria a Guayaquil

Oltre il settanta per cento dell’epidemia è concentrata nella regione di Guayas, dove si trova Guayaquil. Secondo gli esperti sanitari nei prossimi mesi si aspettano tra le 2.500 e le 3.500 morti in relazione al virus solo in questa regione. Il sistema sanitario è collassato nel giro di pochi giorni e le autorità stanno facendo di tutto per assicurare alle vittime dei funerali dignitosi. La situazione è indicativa di come si sia sviluppata l’emergenza sanitaria: i pazienti non vengono testati per tempo, molti muoiono nei corridoi degli ospedali e altri semplicemente muoiono in casa. Le morti sono così alte che le autorità non riescono a gestirle. La città ha riportato più morti relative al Covid-19 di intere nazioni dell’America Latina e l’Ecuador è stato identificato, tra altri anche dal presidente di El Salvador Nayib Bukele come il peggior scenario possibile delle conseguenze di una cattiva gestione della situazione.

 

 

 

 

 

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La reazione dell’Ecuador

Il 9 aprile la ministra degli Interni María Paula Romo ha annunciato una estensione dell’isolamento e la chiusura di tutti i posti di lavoro almeno per dieci giorni. Inoltre le scuole resteranno chiuse per tutto il mese e resta in vigore la sospensione di tutti gli spostamenti internazionali e tra province. Tutti gli eventi di larga scala sono stati sospesi per i mesi di aprile e maggio. Le autorità hanno anche imposto un coprifuoco di quindici ore al giorno nelle regioni maggiormente colpite, Guayas e Pichincha, dove si trova la capitale Quito. Romo ha anche annunciato che a partire dal 13 aprile la situazione in ogni provincia viene valutata e alcune delle restrizioni potrebbero essere alleggerite utilizzando un sistema “a semaforo”, con alcune aree verdi, gialle e rosse in base alla diffusione dell’infezione nell’area. Infatti, , come annunciato in una conferenza stampa il 24 aprile, dal 4 maggio anche l’Ecuador è passato dalla fase di isolamento a quella del distanziamento sociale, fatta eccezione però proprio della città di Guayaquil dove rimarrà in vigore l’isolamento.

Restare a casa è una sfida molto difficile per la maggior parte delle persone che lavorano nel settore informale: “È una popolazione che dipende dal guadagno di ogni singolo giorno, per cui stare a casa non è un’opzione” afferma Olga Sarrado, portavoce del Venezuela dell’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), perché la fame non scompare con l’arrivo del coronavirus. La situazione è simile anche nel resto dell’America Latina, dove i tassi di diseguaglianza sono i più alti al mondo.

Leggi anche: Il coronavirus ha messo in mostra tutte le disuguaglianze nella nostra società

Coronavirus a Guayaquil, Ecuador
Un uomo posa la foto di una persona cara sulla bara che viene portata al cimitero di Guayaquil © Eduardo Maquilon/Getty Images

Una crisi sanitaria come nessun’altra 

Lo stato ha reagito in ritardo a Guayaquil e la popolazione ci ha messo molto a realizzare la gravità della situazione, che è peggiorata vertiginosamente ed è ora fuori controllo. In più, c’è una generale diffidenza nei confronti dell’informazione pubblica, perché la popolazione percepisce una discrepanza tra i numeri ufficiali e l’esperienza quotidiana, la popolazione vede famiglie costrette a tenere a casa i corpi o a lasciarli sulla strada. “Tutti hanno almeno un familiare, un amico o un parente deceduto negli scorsi giorni o nelle scorse settimane” afferma Billy Navarrete Benavides, segretario esecutivo  del Comitato permanente per la difesa dei diritti umani di Guayaquil.

“Sin dall’inizio i numeri non erano affidabili, molte persone con i sintomi da Covid-19 non sono state testate e sono morte. Tutte queste persone non sono state conteggiate, quindi non è possibile nemmeno arrivare vicini a conoscere l’entità del disastro“. Sono state anche espresse preoccupazioni riguardo l’uso improprio di risorse pubbliche nell’acquisto di materiale medico e la polizia sta indagando sulla situazione per valutare se ci sono stati casi di corruzione, il che ha colpito ulteriormente la fiducia della popolazione nei confronti di come è stata gestita la crisi.

Secondo i dati fino all’11 aprile, otto giornalisti che si occupavano della situazione in Guayaquil sono morti a causa del coronavirus, undici hanno contratto ufficialmente il virus e sedici erano in isolamento. Ad oggi, invece, è stato annunciato anche che in Ecuador 1,569 persone sono guarite dal Covid-19. In generale, molte persone sembrano essere insoddisfatte di come il governo ha gestito l’emergenza, e la domanda sorge spontanea: cosa è andato così storto da causare tutti questi casi a Guayaquil? “Una possibile spiegazione della diffusione così veloce si trova nel sistema sanitario molto debole dell’Ecuador, situazione condivisa con altri paesi dell’America Latina”, spiega Ortíz. Inoltre “la regione è nel bel mezzo di un’epidemia di dengue” che ha ulteriormente complicato la reazione.

 

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La ricaduta su politica ed economia

È solo una questione di tempo prima del collasso dell’economia e ci si aspetta che di conseguenza aumenterà il tasso di criminalità. Il 2 aprile la Banca mondiale ha annunciato che avrebbe concesso all’Ecuador un prestito da 20 milioni di dollari per l’acquisto di materiali medici e attrezzature per la terapia intensiva e per i reparti di isolamento. Inoltre, nel bel mezzo dell’epidemia, il 21 marzo l’allora ministra della Sanità Catalina Andramuño si è dimessa, affermando che il paese non dispone delle risorse economiche necessarie per fronteggiare la situazione, affermazione poi smentita dalle autorità.

Le dimissioni della ministra hanno svelato non solo l’enorme buco economico, ma anche una generale crisi dell’amministrazione, che si manifesta anche nelle divergenze degli approcci adottati dal governo nazionale di Moreno, dal sindaco di Quito Jorge Yunda e soprattutto dalla direzione di Cynthia Viteri, la sindaca di Guayaquil. Fin dall’inizio Yunda ha adottato un approccio più rigido, mentre a Guayaquil la situazione è diventata molto seria prima della reazione delle autorità. In realtà a Guayaquil si sta ancora facendo fatica ad agire e a far rispettare restrizioni quali stare a casa e indossare le mascherine (misura ora obbligatoria).

 

 

 

 

 

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Gli effetti della crisi sulle persone più vulnerabili

Oltre alla preoccupante situazione a Guayaquil, ci sono anche altre porzioni di popolazione che sono particolarmente vulnerabili alla insorgenza della sindrome causata dal Covid-19, come le migliaia di senzatetto e i circa 350mila rifugiati venezuelani, molti dei quali vivono in condizioni precarie e spesso senza una casa. Anche le più semplici misure igieniche preventive come lavarsi le mani possono essere una sfida in queste condizioni, spiega Serrado dell’Unhcr. Di conseguenza il coronavirus ha generato in Ecuador e in tutta la regione una risposta xenofobica nei confronti dei venezuelani. “Il coronavirus non discrimina, tutti possono essere contagiati” afferma Serrado, “la differenza sta nelle conseguenze che può avere nelle persone che si ammalano”.

Coronavirus, Guayaquil, Ecuador
Il parente di una vittima del coronavirus piange vicino a una bara a Guayaquil © Francisco Macias/Getty Images

Il rischio per le popolazioni indigene

Un’altra prospettiva preoccupante riguarda l’entrata del coronavirus nell’Amazzonia, specialmente in aree abitate da tribù indigene incontattate. In generale le popolazioni native sono più vulnerabili alle malattie trasmesse da virus a causa dell’alto tasso di malnutrizione e all’accesso limitato a infrastrutture sanitarie. Per questo motivo all’inizio di aprile alcune organizzazioni indigene che rappresentano il popolo Waorani in Ecuador hanno proibito l’accesso ad alcune aree della giungla ai propri membri che vivono in aree urbane.

Leggi anche: Ecuador, la resistenza dei popoli indigeni contro la pandemia

Gina Watson, rappresentante della Organizzazione mondiale della sanità in Ecuador, ha avvertito che non ci sono protocolli per la sorveglianza epidemiologica nel paese per evitare che il virus si diffonda anche tra le popolazioni indigene, uno scenario preoccupante di cui abbiamo già visto le conseguenze concrete in Brasile. Il 9 aprile in Amazzonia è stata diffusa la notizia della morte di una persona Yanamami di quindici anni, positiva al Covid-19. Inoltre poco prima, a marzo, si è parlato di un caso potenziale vicino al territorio di Javari, dove vivono la maggior parte delle popolazioni incontattate del Brasile (e del mondo). Questa notizia ha sollevato il timore che una epidemia di coronavirus potrebbe portare allo sterminio di queste popolazioni.

In Perù nel dipartimento di Loreto, parte del territorio dell’Amazzonia, si riscontra il più alto tasso di casi pro capite dopo la capitale Lima, malgrado si tratti della zona con la minore densità di popolazione. In Colombia il 31 marzo sono stati confermati i primi casi tra le popolazioni indigene, quando sono risultate positive due persone Yukpa nella città di Cúcuta, sul confine con il Venezuela. Un’epidemia diffusa sarebbe un disastro in queste comunità, anche perché sarebbe particolarmente difficile da controllare.

Coronavirus, Guayaquil
Fuori da un’impresa di pompe funebri a Guayaquil © Francisco Macias/Getty Images

Nel frattempo a Guayaquil è stata creata una forza speciale per raccogliere le salme più velocemente, e sono partiti i lavori per la costruzione di un nuovo cimitero. Tutto il mondo adesso ha gli occhi puntati sulla città, per imparare da quello che sta succedendo qui, e per evitare che una crisi di queste proporzioni possa replicarsi in altre città della regione.

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