Nata nel 1971 per iniziativa di un gruppo di medici francesi, l’organizzazione non governativa, che nel 1999 è stata insignita del premio Nobel, ha qualcosa da dire ai capi di stato riuniti per il G8. Presente in 80 paesi, dal Kossovo a Timor est, dall’Afghanistan al Burundi, Medici senza frontiere offre da trent’anni assistenza sanitaria volontaria alle popolazioni più povere del mondo e a quelle minacciate da guerre e conflitti etnici. Un curriculum di tutto rispetto, cui si aggiunge la recente mobilitazione sull’accesso ai farmaci essenziali e sull’urgenza di combattere le malattie infettive che fanno strage nei paesi del Terzo mondo. Oltre all’Aids, esistono una serie di patologie endemiche come la malaria o la malattia del sonno, che la ricerca farmacologia trascura, perché toccano solo marginalmente i paesi occidentali più ricchi. La presenza di Medici senza frontiere tra i manifestanti antiglobalizzazione sarà dunque connotata in questo senso. Non si tratterà di una contrapposizione frontale, ma l’organizzazione intende mettere gli otto grandi di fronte alle proprie responsabilità. Al summit di Okinawa i leader dei paesi più industrializzati avevano parlato della creazione di un Fondo globale per la salute, cui dovrebbero contribuire sia i governi che soprattutto le multinazionali, sotto il controllo della Banca mondiale. Ma Medici senza frontiere teme che la cosa non si concretizzi, come rimane irrisolta la questione della cancellazione del debito dei paesi poveri, di cui si parla da tre anni senza giungere a soluzioni accettabili. “La preoccupazione sempre più forte – dicono i rappresentanti di Msf – è la tendenza dei governi ad abdicare, a favore delle imprese del business mondiale, le responsabilità che invece riguardano la gestione puramente politica della salute. Per questo andremo a Genova, per visualizzare ancora una volta, in piazza, i termini reali del problema.” Roberta Folatti