Il “pago alla tierra” può essere definito come la cerimonia dell’umiltà e della gratitudine. E’ un rituale praticato sulle Ande nel mese di agosto, mese della madre terra, a Cuzco e nella Valle sagrada (dintorni di Cuzco), dove la cultura inka oggi è ancora viva. Non è un’abitudine senza più significato, è un atto in cui viene espresso e celebrato un profondo sentimento di offerta, gratitudine e riconoscimento nei confronti della Pachamama, la Madre Terra. E’ un gesto di umiltà e di connessione con le radici terrestri. Le popolazioni andine affermano che tutto ciò che facciamo agli altri lo facciamo anche a noi. Per cui quando non si onora la Terra disonoriamo noi stessi. Uno dei principi basilari della tradizione andina è l’Ayni, termine quechua che designa la reciprocità, ovvero l’atto del dare, del ricevere e del restituire. Durante la cerimonia del pago alla terra, mentre gli incensi si levano verso l’alto, i frutti del raccolto, tra cui spicca il mais, sono ben adagiati al suolo e alcuni cristalli vengono rimessi nel ventre della Pachamama, si percepisce nuovamente che la terra è sempre sotto ai nostri piedi e il cielo sopra di noi. Ci si accorge che attorno a noi ci sono esseri vivi, e che se crediamo sia possibile stabilire un contatto con loro, in cambio essi si metteranno in comunicazione con noi. Si restituisce una parte di quanto si è ricevuto, diventandone allo stesso tempo consapevoli. Si comprende che per ricevere bisogna dare e che il dare è semplicemente un restituire. Tale usanza non è tipica soltanto delle regioni andine. Anche nella cultura celtica… Anche nella cultura celtica, all’approssimarsi dell’equinozio di autunno, le persone della comunità si riuniscono in cerchio danzando e cantando intorno a un altare dove sono stati posti alcuni frutti della terra. C’è anche una canzone degli indiani d’america che viene scandita fra le danze: “Antica Madre, vieni qui da me, rendi sacra la mia vita, riempimi di bellezza. Riempimi di bellezza, affinché io possa portare la tua bellezza agli altri.” Si intuisce come l’atto di rivolgersi alla Madre Terra per renderle omaggio non sia prerogativa di una particolare cultura, ma di tutte le culture che sopravvivono grazie ai frutti dei raccolti, e proprio per questo hanno mantenuto con tale elemento un rapporto carico di rispetto, umiltà e riconoscenza. Il fine di tali usanze è, in ultima istanza, trascendere la propria visione limitata ed egoistica e mettersi in comunione con il Grande Spirito. Ma per poterlo fare è imprescindibile ristabilire un sano legame con la Madre, la Terra, attraverso la quale riceviamo il nutrimento e la guarigione di cui abbiamo tanto bisogno. Anna Poletti