L’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr) sottolinea come a questa dinamica stia contribuendo in particolare il conflitto civile in Siria. I dati sono contenuti nel rapporto diffuso in occasione della Giornata mondiale del rifugiato che si celebra il 20 giugno. L’Assemblea generale dell’Onu, con una risoluzione adottata all’unanimità, ha deciso di dedicare dal 2001 una giornata mondiale ai rifugiati, per riaffermare i valori sui quali sono basati gli accordi internazionali in materia di protezione dei rifugiati. La giornata vuol dare un sostegno agli sforzi che l’Alto commissariato delle Nazioni Unite, le ong e le altre organizzazioni impegnate nel settore compiono ogni giorno nelle aree più disparate della Terra per alleviare le sofferenze dei rifugiati. Si celebra il 20 giugno per commemorare l’approvazione nel 1951 della Convenzione sui profughi (Convention relating to the status of refugees) da parte dell’Assemblea generale. L’anno scorso il numero dei profughi nel mondo è aumentato di 7 milioni e 600mila persone. Per un milione e 100mila casi si tratta di rifugiati, mentre gli altri 6,5 milioni sono sfollati interni. Il 55 per cento di tutte queste persone proverrebbe da soli cinque paesi: Afghanistan, Somalia, Iraq, Sudan e Siria. Alla fine dell’anno scorso i profughi nel mondo erano più di 45 milioni, circa un milione e mezzo di più rispetto al 31 dicembre 2011. “Questi numeri allarmanti – ha commentato António Guterres, l’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati – riflettono sofferenze individuali su una scala enorme e le difficoltà della comunità internazionale a prevenire i conflitti e a promuoverne soluzioni in tempi rapidi”. Se l’Afghanistan detiene da 32 anni la maglia nera come fonte di rifugiati, quest’anno l’emergenza principale riguarda la Siria. Alla fine del 2012 i profughi siriani erano 650mila, ma le stime dell’Onu non tengono conto del milione di persone costrette a lasciare le loro case nei primi sei mesi di quest’anno. Situazioni già critiche si sono aggravate anche a sud del Sahara, in particolare in Mali e in Repubblica Democratica del Congo, paesi ostaggio di crisi politico-militari sfociate in combattimenti tra eserciti e gruppi ribelli. Un’altra sfida di questo secolo sarà la gestione dei rifugiati ambientali, attualmente non coperti dalle convenzioni internazionali (che prevedono solo motivi politici o razziali), quindi non protetti. Inondazioni e guerre per l’acqua, desertificazione e siccità, deforestazione e inquinamento costringeranno milioni di persone a spostarsi temporaneamente o definitivamente. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale delle migrazioni, entro il 2050 ci saranno tra i 200 e i 250 milioni di rifugiati ambientali, con una media di 6 milioni di persone l’anno.