In Friuli il biogas da 1 milione di euro

E’ il bilancio degli effetti sull’economia del territorio dell’impianto realizzato dalla Greenway Società agricola in funzione a Bertiolo.

Questa è una delle tante centrali a biogas presenti nel nostro
Paese, che al 2011 si contavano in 521 impianti. Una centrale da 1
MW che produce 8.500 MWh l’anno, alimentata da una filiera
autoctona costituita da una quindicina di imprese agricole che
producono, su circa 300 ettari di terreno, tutta la biomassa
necessaria.

L’impianto in questione, realizzato dalla società Greenway
Società agricola (costituita da tre famiglie di imprenditori
agricoli), sta aiutando le imprese agricole dell’area a resistere
alla crisi del settore: “Abbiamo scelto di diversificare il nostro
modello di produzione sfruttando le opportunità aperte dalle
fonti di energia rinnovabile”, ha spiegato Marco Tam, presidente
dell’associazione.

“I risultati del primo anno ci danno ragione – continua – la
ricchezza che produciamo qui, qui rimane in perfetta coerenza con
la filosofia della filiera corta: oltre alla cessione di energia
elettrica prodotta alla rete si è creato un indotto importante
per un territorio di piccoli paesi con poche migliaia di abitanti
che si sono sempre basati sull’attività agricola e che quindi
avvertono da tempo le difficoltà del settore”.

Secondo i dati forniti, l’impianto Greenway di Bertiolo, costato 5
milioni di euro, ne fattura due, con una ricaduta sul Pil locale di
oltre 1 milione euro l’anno.

Le critiche al biogas

Non mancano però le critiche a questo tipo di impianti.
Primo tra tutti è il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, che su
Repubblica dell’anno scorso denuncia come ci sia una vera e propria
corsa alla costruzione di queste centrali, per godere soprattutto
degli ottimi incentivi (0,28 euro per kWh prodotto) in vigore: “In
teoria il ciclo è perfetto – scriveva Petrini – si usano
scarti per produrre energia che può servire all’azienda stessa
ed essere venduta se in eccedenza. E ciò che avanza si
può ancora utilizzare. Sarebbe ottimo se l’impianto fosse
piccolo, confinato all’interno del ciclo produttivo aziendale, ma
visti i prezzi che spunta l’energia è diventato molto
conveniente fare impianti grandi, da parte di consorzi (non sempre
riconducibili ad agricoltori), che hanno lo scopo principale di
speculare sulla sua produzione”.

Si difende però dalle critiche Walter Righini, presidente di
FIPER (Federazione Italiana produttori energie da rinnovabili), che
punta sulla redditività del biogas: “Completato il quadro
normativo e regolatorio la valorizzazione in particolare del
biometano attraverso la sua immissione nella rete del gas naturale
potrà apportare importati benefici economici per l’intera
nazione. È stata stimata una produzione potenziale di 7-8
miliardi di metri cubi di biometano con una potenzialità pari
al 10% del fabbisogno nazionale”.

La questione rimane aperta. Resta il fatto che un impianto ben
fatto, con controlli mirati e costanti, sia effettivamente una
risorsa. Non sono però da sottovalutare le possibili
speculazioni, troppo spesso pronte ad entrare in azione quando il
miraggio del facile guadagno si fa reale.

 

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