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Quanto fa bene la musica. La colonna sonora del benessere

È importante dare le informazioni più nuove e più giuste per la qualità della vita a casa, sul lavoro, in auto. Ascoltare musica fa sentire bene, si sa, ma questo si traduce in benefici fisici quantificabili, reali? La scienza indaga per rispondere sempre più accuratamente. E la risposta è sì.

La musica ci avvolge, ci rassicura, ci rinforza e ci fa bene, sia che sobbalziamo sui ritmi dei Crystal Castles, sia che leggiamo le poesie di Novalis col sottofondo di Bach. Il neuroscienziato Daniel J. Levitin della McGill University ha raccolto e passato in rassegna oltre 400 studi che lo confermano scientificamente, pubblicando i risultati di questa grandiosa meta-analisi su Trends in Cognitive Sciences.
I più recenti, autorevoli, fondati e interessanti studi sugli effetti fisiologici dell’ascolto di musica illustrano diversi, sorprendenti e a tratti impensabili benefici che ne derivano, focalizzandosi sull’induzione di stati d’animo che favoriscono un approccio sereno e sicuro alle sfide di ogni giorno.
Da Beethoven ai Led Zeppelin, ascoltare la tua musica preferita scatena il rilascio di segnali positivi dal cervello all’intero organismo. Il meccanismo che si innesca è quello della dopamina: l’ascolto delle melodie preferite induce il cervello a rilasciare maggiori quantità della sostanza chimica che nel corpo eroga sensazioni di benessere e gioca un ruolo nelle dipendenze e nelle motivazioni. Per lo studio che lo afferma sono stati usati scanner cerebrali su persone all’ascolto della loro musica preferita (che va da Beethoven ai Led Zeppelin fino alla band trance israeliana Infected Mushroom) paragonando i dati con quando ascoltano la musica di qualcun altro.
[Robert Zatorre, Team Neuro, McGill University Montreal / Nature Neuroscience 2011]
Durante l’ascolto della musica il cervello attiva una serie di aree chiave, indipendentemente dai gusti musicali personali. In particolare le regioni coinvolte in movimento, attenzione, pianificazione e memoria. Diversi partecipanti a un test a cui è stato fatto ascoltare un brano di un autore classico sconosciuto (William Boyce del tardo Barocco, pezzo scelto appunto per la sua oscurità) con diversi pattern culturali, hanno mostrato risposte simili.
[Daniel Abrams, Stanford University School of Medicine / European Journal of Neuroscience, 2003]
La musica ci desta dalle preoccupazioni. La mente delle persone tende spesso a indulgere sulle imperfezioni della vita, sulle preoccupazioni per il futuro. La musica ci riporta in continuazione al momento presente. Sono sufficienti da 15 minuti a mezz’ora di tempo d’ascolto per reintegrare in pieno le capacità attentive. La musica senza parole generalmente funziona meglio.
[Amit Sood, Mayo Clinic / Integrative Medicine, 2012]
La musica influisce positivamente sulle performance in azienda. Confrontando il lavoro (in questo caso, creatori di software) di persone che ascoltano musica con quelle che lavorano in silenzio, emerge che la qualità del lavoro è inferiore e il tempo necessario per svolgerlo è maggiore quando la musica è rimossa. Questo perché la musica influisce positivamente sull’umore e affina la percezione.
[Teresa Lesiuk, University Miami / Psychology of Music, 2005]
L’ascolto di musica in ufficio va incoraggiato. Nel primo studio di questo genere, condotto in Inghilterra, sono stati esaminati i comportamenti di ascolto della musica con le nuove tecnologie (mp3, via computer) di un vasto campione di impiegati. È emerso che l’ascolto individuale di musica per almeno un terzo della settimana lavorativa svolge una doppia funzione: fa aumentare l’impegno e nel contempo fa evadere dagli aspetti negativi e di chiusura dell’ambiente lavorativo.
[Anneli Haake, University of Sheffield / Musicae Scientiae 2007]
La musica spinge il cervello a prestare maggiore attenzione. Agevola l’attribuzione di significato al flusso continuo di informazioni che il mondo reale genera, un processo chiamato ‘event segmentation’.
[Vinod Menon, Stanford University School of Medicine / Neuron, 2007]
Guardiamo il mondo attraverso il prisma della musica. In un esperimento sul campo è stato chiesto ai partecipanti di dare un voto alle proprie impressioni riguardanti quattro ambienti (una quieta area residenziale, la carrozza della metropolitana, un incrocio trafficato, un parco) sia mentre ascoltavano musica, sia no. È emerso che la musica funge da regolatore adattogeno, in quanto attenua le sensazioni forti negli ambienti più attivi ed aumenta le sensazioni di pace negli ambienti tranquilli.
[Teruo Yamasaki, Keiko Yamada, Osaka Shoin Women University / Petri Laukka, Stockholm University, 2013]
L’ascolto di nuove canzoni ricompensa il cervello. L’imaging a risonanza magnetica ha dimostrato che le aree nel “centro della ricompensa” del nostro cervello, il nucleus accumbens”, si attivano all’ascolto di canzoni mai sentite prima. Inoltre, maggiore è l’attività registrata nel nucleus accumbens, maggiore è la volontà di ottenere quella canzone, quantificabile in soldi da spendere in un’asta virtuale per aggiudicarsela. Questo, secondo gli scienziati, denota l’innesco di un meccanismo di ricerca di ricompensa e soddisfazione delle aspettative simile a quelli di quando si ha fame e si pregusta un manicaretto, oppure altri bisogni come sesso e denaro. Ciò che sorprende è che quel che si pregusta e per cui si è eccitati è in questo caso qualcosa di astratto: un suono, precisamente il suono nuovo che sta per sopraggiungere.
[Valorie Salimpoor, Rotman Research Institute Toronto / Science, 2013]
La musica ha uno scopo nell’evoluzione adattativa umana. Il processo di ascolto potrebbe essere un modo in cui il cervello affina la propria abilità nell’anticipare gli eventi e sostenere la soglia di attenzione.
[Jonathan Berger, Center for Computer Research in Music and Acoustic, 2013]
La musica rende i riflessi più pronti. I volontari sottoposti a un test mostravano risposte più veloci agli stimoli se ascoltavano musica (393,8 millisecondi) – in questo caso la Primavera di Vivaldi – contro quelli che non sentivano niente (408,1 millisecondi).
[Leigh Rigby, Northumbria University / Experimental Psychology 2013]
Dalle emozioni vissute alle emozioni raccontate, quelle evocate con un sottofondo musicale sono più piacevoli. Nel primo studio di neurofisiologia che ha preso in esame l’influenza degli stimoli visivi e uditivi combinati sui processi mentali (Eeg, battito cardiaco, conduttività della pelle, respirazione, temperatura, dati psicometrici) l’esperienza della qualità delle emozioni è più accurata nella fruizione combinata: cioè, la musica enfatizza l’esperienza emotiva evocata dalle immagini.
[Baumgartner, Esslen, Jäncke, University of Zurich Division Neuropsychology, Institute for Psychology / Int J Psychophysiol., 2006]
La musica è un’efficace terapia analgesica. Aiuta a ridurre il dolore cronico postoperatorio e in un’ampia gamma di casistiche dolorose: osteoartrite, ernie, artrite reumatoide (-21%) fino alla depressione (-25%).
[Siedliecki, Good, Journal Advanced Nursing, 2006]
La musica è efficace come i farmaci ansiolitici. A metà dei pazienti sottoposti ad operazioni chirurgiche è stato assegnato l’ascolto della loro musica preferita, a metà l’assunzione di farmaci ansiolitici, mentre gli scienziati registravano i dati relativi all’ansietà e ai livelli dell’ormone umano dello stress, il cortisolo. I pazienti che ascoltavano musica avevano la stessa diminuzione dell’ansia e livelli di cortisolo rispetto a quelli trattati con i farmaci.
[Berbel, Moix, Quintana, Revista Espanola de Anestesiologia y Reanimacion, 2007]
Bach e la prostata. I ricercatori del Duke Cancer Institute in North Carolina hanno constatato che far ascoltare un concerto di Bach in cuffia ai pazienti sottoposti a biopsia alla prostata riduce ansietà, disagio e panico in modo quantificabile. In generale, la procedura causa un picco nella pressione diastolica, che non si verifica in coloro che usano le cuffie. I quali, inoltre, riportano anche livelli di dolore percepito inferiori.
[Matvey Tsivian, Duke Cancer Institute / Urology, 2012]
Vivaldi e la memoria. La musica più quieta, precisamente quella intorno ai 60 battiti al minuto (bpm) ascoltata durante il processo di memorizzazione, lo favorisce attraverso l’attivazione contemporanea della parte destra e sinistra del cervello. Le funzioni di apprendimento e ritenzione delle informazioni sono anche enfatizzate dal fatto che il loro ripescaggio è più facile sia riascoltando la canzone che si ascoltava durante lo studio, sia anche solo ripercorrendola mentalmente. I ricercatori lo hanno chiamato “effetto Vivaldi”.
[Mammarella, Fairfield, Cornoldi, Aging Clin Exp Res. 2007]
I pazienti dopo un infarto migliorano più rapidamente. Una dose quotidiana di almeno due ore delle proprie melodie preferite, dalla classica al jazz, aumenta la velocità di recupero dagli infarti. Secondo questo studio condotto in Finlandia, la memoria verbale e la durata dell’attenzione migliorano più rapidamente nei pazienti infartuati sottoposti a stimolazione musicale rispetto a quelli che non ne ricevono, o quelli a cui vengono raccontate storie ad alta voce.
[Sarkamo e al / Brain 2008]
Abbassa la pressione sanguigna. Facendo andare musica in sottofondo ogni mattina e ogni sera e modulando a ritmo la respirazione, le persone che soffrono di alta pressione possono ricavare notevoli benefici. Secondo una ricerca italiana presentata al meeting annuale della American Society of Hypertension nel 2008, in media i pazienti che facevano questi esercizi musicali hanno abbassato la loro pressione di 3 mmHG in una settimana e di 4 mmHG in un mese. I generi musicali da preferire in questo caso sarebbero classica, raga (un tipo di musica antica indiana) e celtica.

[Pietro Modesti, Università di Firenze / American Society of Hypertension, New Orleans, 2008]

Questi spunti costituiscono un modo originale e diverso per aumentare la consapevolezza sul tema della necessità di ricercare una vita quotidiana priva di stress, serena e calma, fondamentale per ogni attività. Sempre con il sottofondo giusto.

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