Prima di pervenire a una formulazione scritta, risalente a circa duemila anni fa, l’esperienza dello Yoga si trasmetteva direttamente da maestro ad allievo. Le fonti di questa millenaria disciplina si trovano in antichissimi testi indiani: i Veda. Il termine Veda poggia sulla radice sanscrita “vid”, che significa conoscere mediante esperienze vissute in prima persona. I Veda sono una raccolta di verità sperimentate relative alla natura dell’essere umano e ai tanti aspetti della vita. Nella tradizione indiana gli antichi autori dei Veda sono definiti “rishi”, saggi: coloro che percepiscono le cose come realmente sono. I Veda, costituiti da cinque libri, risalgono a 10-15.000 anni fa, a seconda che ci si rifaccia a cronologie cinesi o europee della storia indiana. Il messaggio dei Veda è stato perpetuato da testi successivi, le Upanishad, che sono circa 500 e, come i Veda, dapprima tramandate oralmente e in seguito trascritte. Il termine Yoga compare per la prima volta nelle Upanishad, e designa un percorso mirato all’evoluzione interiore dell’uomo nonché all’esplorazione di tutte le sue potenzialità. Il Raja Yoga attinge la sua ispirazione a un testo straordinario: gli Yoga Sutra di Patanjali, che possono essere definiti un testo di “visione”, nel senso che esprimono ciò che diviene evidente solo a certi livelli di coscienza. Un testo prezioso dunque, perché rimanda costantemente alla comprensione diretta di noi stessi. Comprensione che, più che rifarsi ad una riflessione, poggia sulla capacità di ascolto e di osservazione interiore del praticante. Renata e Moiz Palaci