Il padre di Art, Vladek, è sopravvissuto alla tragedia dell’Olocausto. La sua vita è stata dolorosamente segnata, molti parenti sono morti, così come il suo primo figlio; sua moglie, la sua amatissima Anja che ha condiviso con lui gli orrori della persecuzione, si è suicidata senza lasciare nulla di scritto. Sono rimasti lui e il figlio Art. Art fa il fumettista e decide di farsi raccontare dal padre ciò che ha vissuto durante la guerra per poterne scrivere un libro. Spera che con quest’opera potrà capire e dare un senso al rapporto con quell’uomo così lontano da lui, per età, abitudini, stile di vita ed esperienze. Quell’uomo inevitabilmente segnato dalla storia. MAUS è un’opera straordinaria, ha vinto lo Special Award del Premio Pulitzer ed è un graphic novel autobiografico dove i personaggi sono rappresentati sotto sembianze animali: gli ebrei sono topi (Maus in tedesco significa proprio topo), i polacchi maiali, i nazisti gatti, i francesi rane, gli americani cani. Questa forma narrativa rende le vicende ancora più vivide, le atmosfere più reali: in alcuni passaggi amplifica la dolcezza, in altri il terrore, la paura, la morte. La forma visiva infatti attraverso un’impressionante semplicità veicola una spaventosa atrocità, mantiene il pathos a livelli altissimi e la memoria sempre accesa. Nel libro si alterna il racconto dell’oggi, negli Stati Uniti, dove Vladek si è trasferito dopo la guerra e dove è cresciuto Art, a quello di ieri, delle vicende prebelliche e della tragedia della Shoah. Privato e pubblico si saldano perché dove c’è la storia del rapporto tra un padre e un figlio, c’è anche la ferita della Storia che non si cicatrizza. I movimenti, anche grafici, tra il passato e il presente rendono più evidente la difficoltà dell’inquadrare una vicenda che non solo è stata dolorosa, ma che lo è ancora e che lo sarà nel tempo. Che soprattutto è importante non dimenticare.