Del fatto che l’inquinamento da plastica sia una grave problema ambientale ormai ne siamo consapevoli. Quello che, forse, non sappiamo bene è che la plastica, o meglio, la microplastica, oltre che nei mari e nell’aria, finisce anche nel nostro organismo. Si tratta di particelle solide insolubili in acqua di dimensioni inferiori ai 5 millimetri che derivano da frammenti più grandi di polimeri come polietilene, polipropilene, polistirene, poliammide, acrilico e che contaminano gli alimenti, dai pesci ai frutti di mare, dal sale all’acqua. La plastica, insomma, “la mangiamo e la beviamo” come afferma il giornale Il Salvagente che, attraverso una recente indagine, ha scoperto come le microplastiche siano presenti anche nelle bottiglie dei soft drink. Plastiche e microplastiche inquinano suoli, mari, aria ©Ingimage Campioni contaminati La ricerca ha esaminato 18 bottiglie tra cola, tè, gassosa, aranciata, acqua tonica, pescando da varie marche (Seven Up, Pepsi, San Benedetto, Schweppes, Beltè, Coca-Cola, Fanta, Sprite) e tutte sono risultate contaminate da microplastiche con valori che vanno da un minimo di 0,89 mpp/l (microparticelle per litro) ad un massimo di 18,89 mpp/l. “Quando abbiamo deciso di dare il via a questo lavoro eravamo ben coscienti della probabilità di trovare microplastiche nelle bevande che avevamo deciso di portare in analisi – ci ha spiegato Riccardo Quintili, direttore de Il Salvagente – Tante e talmente frequenti erano state le analisi che ne hanno mostrato la presenza negli ultimi due anni in qualunque alimento testato, che non ci aspettavamo certo che i soft drink industriali fossero esenti da contaminazione. Nonostante questo siamo rimasti stupiti di dover rilevare come tutti i campioni che abbiamo inviato in laboratorio, nessuno escluso, presentassero questi microscopici frammenti. Una scoperta che fa riflettere su quell’effetto “boomerang” che sembra arrivato a un punto di non ritorno”. Scopri l’iniziativa LifeGate PlasticLess, un mare di idee contro un oceano di plastica Sono state esaminate bottiglie di tè, cola, aranciata, gassosa, acqua tonica, e in tutte c’erano microplastiche ©Ingimage Microplastiche, “autobus dei veleni” Se un tempo le microplastiche provenivano principalmente dai cosmetici, oggi la catena è più complessa e i rischi in cui incorriamo sono ancora oggetto di studio. “Non è la prima volta che l’uomo deve prendere atto della dura realtà: quello che immette nell’ambiente finisce per tornargli nel piatto e nel bicchiere – ha continuato Quintili – Con rischi, nel caso delle microplastiche, tutti ancora da determinare. Se pare oramai accertato che agiscano come comodo “autobus dei veleni”, legando alla propria superficie batteri patogeni, vibrioni e sostanze cancerogene e interferenti endocrini e che li rilascino nell’organismo umano, quello che non si sa ancora è quanto continuino a frammentarsi, diventando nanoplastiche in grado di superare le barriere intestinali e di accumularsi negli organi. Un punto di non ritorno, dicevo, per il quale servono atti concreti ora: da parte dei cittadini e ancora di più da parte delle istituzioni che debbono imporre misure oramai mature di riduzione della plastica. Nella logica del ‘chi inquina paghi’ ”. I rischi per l’organismo contaminato da microplastiche sono ancora da approfondire ©Ingimage