Come il sesso, anche il denaro è un argomento tabù, per la Chiesa ma anche per la scuola. Eppure è centrale nelle nostre vite, tutte improntate alla necessità di guadagnare, e alla possibilità di comprare. Che valore dare al denaro, chiave per tante porte? La pubblicità fa sembrare che con i soldi si possa acquistare tutto, compresa compagnia e giovinezza. L’offerta è illimitata, il denaro è invisibile (le carte, i conti online): diventa difficile capire il valore del denaro, le vere priorità. I bambini non lo capiscono, infatti. Poi si ritrovano contagiati inconsapevolmente dalla visione dei genitori. L’impronta familiare porta allora ad essere tirchi, o spendaccioni. C’è chi non si concede mai niente, risparmia in modo punitivo su voci irrilevanti. L’alibi più utilizzato in assoluto da chi vuole evitare una difficile scelta per sé è “non ho soldi…”: per viaggiare, per la psicoterapia, per vivere creativamente. Spendere è sentito come in qualche modo colpevole, illegittimo. Soprattutto per se stessi, e per cose piacevoli. C’è chi invece compra compulsivamente tutto quello che impone il mercato, incapace di sentire in sé quella voce che dice “basta”, di discriminare l’essenziale dal superfluo. Sempre insoddisfatto, non investe su di sé, ma risponde all’offerta. L’approccio al denaro è dunque tutt’altro che razionale, è sempre impuro e impastato profondamente con una visione del mondo. Sarebbe utile riflettere sulle proprie associazioni mentali, capire il nostro modo familiare e personale di essere e di avere. Oltre a un livello oggettivo, c’è un significato simbolico nel nostro modo di guadagnare, spendere, condividere e risparmiare soldi, che può anche essere liberato da un’emotività inconscia, talvolta ossessionante, che fa dimenticare le infinite cose impossibili da comprare. Olga Chiaia psicologa psicoterapeuta