Entro il 2022 la Germania dirà addio all’atomo. La scelta è stata annunciata in seguito a un vertice tra i leader della coalizione e dell’opposizione nell’ufficio del cancelliere. Il costo che il Paese tedesco dovrà sostenere ammonta a circa 40 miliardi di euro, a cui si sommeranno ulteriori investimenti per il passaggio alle energie rinnovabili. Le operazioni di spegnimento avverranno gradualmente: dal 2021 al 2022 verranno tenuti in stand-by tre reattori per eventuali rischi di black-out e, nel 2022, solo un reattore sarà tenuto pronto per colmare eventuali picchi negativi di produzione. Il governo punta, entro il 2030, a coprire l’80% del fabbisogno energetico con le rinnovabili attraverso investimenti crescenti. Una scelta possibile, considerando che ad oggi molti dei reattori tedeschi sono già spenti e che l’attività delle centrali arriverebbe a coprire, secondo alcune stime, appena il 17% del fabbisogno energetico. Al di sotto della quota già fornita dalle energie rinnovabili. Se la tragedia di Fukushima ha probabilmente influito sulle tempistiche, è peraltro vero che l’economia tedesca si prepara da tempo all’abbandono del nucleare. Nel 1998 proveniva dal nucleare il 33% dell’energia, oggi la quota s’è dimezzata, mentre il Paese ha adottato sempre più soluzioni per aumentare l’efficienza energetica. Anche la Svizzera ha recentemente dichiarato di voler abbandonare l’atomo entro il 2034, senza però spegnere prima del previsto i reattori in funzione.