Bambini strappati dal 1870 al 1970 a forza dalle loro famiglie per essere ?cristianizzati e civilizzati?, costretti dalle autorità canadesi all?assimilazione forzata al fine di sradicare per sempre ogni elemento della cultura nativa. Una decisione storica, quella presa dal governo canadese che per anni ha volutamente ignorato quello che alcuni studiosi hanno definito l’olocausto canadese; un mea culpa che equivale ad una vera e propria ammissione di responsabilità anche per gli abusi fisici e sessuali compiuti in 132 scuole, sovvenzionate dallo Stato canadese, su 150 mila bambini nativi, molti dei quali sono morti a causa di maltrattamenti disumani: elettroshock, sterilizzazioni, violenze psicologiche e sessuali. Oltre alle scuse di Stato, il governo canadese ha fatto un passo ulteriore verso una conciliazione futura, prevedendo un indennizzo economico di due miliardi di dollari che verrà ripartito tra tutti coloro che hanno patìto queste violenze (o ai loro discendenti) e un indennizzo ulteriore a chi ha subìto abusi sessuali. Il primo ministro Stephen Harper e tutti i rappresentanti del suo governo hanno offerto le loro scuse ai rappresentanti nativi presenti nell?aula parlamentare, tra cui Phil Fontane, chief delle First Nations, il quale ha accettato le scuse ufficiali con l?auspicio di un futuro di pace e di una riconciliazione completa. Secondo il reverendo Kevin Annett, attivista e sostenitore della causa degli indiani nativi del Canada nonché autore del libro ?Hidden from History: The Canadian Holocaust?, oltre il 95% dei due milioni di indiani nativi che vivevano sulla West Coast canadese sono stati uccisi, mentre in tutto il Paese ne sono morti circa 10 milioni per le terribili condizioni di vita imposte dai bianchi. Oggi, i nativi del Canada sono circa 800 mila. Maurizio Torretti