Oggi, 12 Settembre 2003 Baptist Hospital, Nashville, Tennessee Gravemente malato di diabete, dopo ulteriori e gravi complicazioni, muore all’età di 71 anni la leggenda del rock e della musica country Johnny Ray Cash. Al suo capezzale, i due figli artisti, Roseanne e John, gli altri tre eredi, i tanti nipoti e i parenti tutti. Per desiderio della famiglia, la cerimonia funebre rimane privata. Così, neanche quattro mesi dopo, Johnny può “riabbracciare” l’amata moglie e partner artistica June Carter, spentasi il 15 maggio del 2003. Figlio di un modesto agricoltore dell’Arkansas, Cash ha cominciato a cantare da piccolissimo, nei campi di cotone. Nel giro di 15 anni, poi, incide per la Sun Records di Sam Phillips, suona nelle prigioni, si sposa due volte, conduce uno show televisivo di straordinario successo, vive costantemente sulla corsia di sorpasso, diventa un’icona assoluta della musica e della cultura nordamericana. Strenuo difensore dei più deboli nonché autentico paladino dei diritti dei Nativi Americani, Johnny Cash in segno di lutto e di protesta contro la povertà, i pregiudizi razziali e tutti mali della società americana decide di vestirsi di nero sino a che, dice lui, “le cose non cambieranno”. Le cose non cambiano e così Johnny diventa The Man in Black, incide oltre 1500 canzoni, vende 100 milioni di dischi, vince 11 Grammy, va in classifica con 48 singoli e uno dei suoi pezzi più famosi (I Walk The Line) viene registrato da più di 100 artisti diversi. Alla fine degli anni 90, il celebre produttore Rick Rubin lo riporta in sala d’incisione per una serie di album scarni, interamente acustici di grandissimo impatto emotivo. Sotto l’abile guida di Rubin, Cash ripropone alcuni suoi grandi classici ma anche originali versioni di rock song epocali. Come Hurt, un brano dei Nine Inch Nails per il quale viene realizzato un video clip assai suggestivo che sembra davvero l’epitaffio artistico dell’ “Uomo in nero”.