In tutti gli incontri previsti, a cominciare da settembre venturo, la Fondazione Lighea in collaborazione con Andrée Ruth Shammah, darà voce alla storia di gente comune che, dopo anni di dolore, ha scelto di chiedere aiuto per imparare a vivere meglio. Storie di donne e uomini che si trovano a fare i conti con la paura di cambiare, prigionieri di un’immobilità che, seppur dolorosa, procura una sorta di piacere. Nell’immobilità ci si illude di allontanare la vecchiaia, la morte e la solitudine senza accorgersi che, nell’esorcizzare la fine, la si anticipa. Così, Margherita sceglie partner che la trattino male e che riflettano la disistima che lei prova per se stessa; Rossana, Caterina e Anna si lamentano di mariti silenziosi, abitudinari, grigi, senza passioni, senza emozioni ma non riescono a staccarsene se non riempiendosi la vita di impegni di ogni tipo e spesso utili solo a illudersi di stare lontane dalla noia. Accanto, le storie di uomini in competizione con il padre costretti a sfide interminabili, altri schiavi della regolarità e della perfezione tanto da rimanerne schiacciati… Come diceva la voce narrante: “Cambiare vuol dire accettare che il tempo passi, vuol dire misurare la distanza dalla propria infanzia, diventare grandi, diventare se stessi, distinti da chiunque altro, compresi quelli che si amano di più”. Chi sceglie di chiedere aiuto alla terapia è spesso dilaniato da due forze uguali e contrarie: da una parte il desiderio di tornare a vivere, dall’altra il panico all’idea di cambiare. “Muoviti fermo” è ciò che chiede il terapeuta al proprio paziente. Non è necessario “cambiare” la propria vita, ma semplicemente “trasformarla”. Non si tratta di un viaggio in un pianeta sconosciuto, ma un percorso all’indietro, per rileggere tranquillamente, con occhi diversi, la propria storia e provare così a permettersi di riprendere il cammino e vivere davvero. Gabriela Manzella