Da un’intervista con Claudio Pittan. Sostiene di avere un approccio stile giapponese, dove ci si mette al servizio del cliente… ma ammette anche di preferire dare consigli e si aspetta di essere ascoltato, dal momento che i suoi migliori lavori sono venuti dal proprio rapporto di scambio fra lui e il cliente. Dipingere la gente ha svantaggi palesi: artistici perché non si sa che fine farà il tuo lavoro e chi lo potrà apprezzare, e anche economici, dal momento che, rispetto ai dipinti, il tatuaggio non può essere quotato oltre una certa cifra, malgrado la bravura e la fama che può aver raggiunto l’autore. Ma è certo che, rispetto alla tela le persone sono vive, ci si può comunicare, ti parlano, ci puoi collaborare, le puoi sondare, e dal dialogo possono emergere motivazioni e significati, anche inconsci, utili per la realizzazione del tatuaggio. Dal rapporto con le persone nascono anche utili relazioni, dalla frequentazione continuata e prolungata (nel caso di lavori di grandi dimensioni ad esempio) si crea un rapporto di confidenza che spesso spinge i pazienti ad aprirsi, instaurando una relazione che si potrebbe azzardare a definire terapeutica. Esempi di persone che sono arrivate a tatuarsi in momenti di crisi e che, grazie alle sedute di tatuaggio, ne sono poi uscite, sono abbastanza comuni ad un tatuatore esperto. Il dolore è parte delle concause, ma non è determinante, a monte c’è qualcosa di più: il fatto stesso di abbandonarsi nelle mani del tatuatore, crea una situazione di rilassatezza corporea che è preludio al lasciarsi andare anche a livello psichico. Il lasciarsi andare, il mettersi nelle mani, ha anche un forte potere di influenza simbolica, che è accentuato dall’essere simbolico in sé del tatuaggio, i quali, spesso, si fanno in momenti particolari, di crisi o di gioia, quasi a volere fermare, bloccare nel tempo il periodo in questione o al contrario per superarlo. Anche quando è fatto per moda, per sola estetica, quando sembrerebbe solo superficialità (di pelle e di significato), la decisione di tatuarsi è la punta di un iceberg, nasconde motivazioni incosce, profonde, anche perché, si sa, è per tutta la vita, non ce né si può dimenticare ed evoca così il suo carattere iniziatico di un tempo. C’è chi pensa serva una scusa per tatuarsi e si inventa un significato simbolico, spesso inutilmente, dal momento che la decisione di farlo è già, di per se stessa, sufficientemente simbolica e nasconde un motivo più profondo della scusa che saremmo in grado di inventarci. Massimiliano Percio