Nel 2006 si registra una prima ondata di allarmismo. L’EPA – Agenzia di protezione ambientale americana – afferma che anche livelli molto bassi di una sostanza chimica usata per produrre il Teflon™ “potrebbero comportare un rischio per la salute”. Da qui, la semplice – semplicistica – associazione d’idee tra le nostre padelle e il “veleno” di cui temiamo possa impregnarsi la nostra frittata. No. Si sa da anni che l’acido perfluorottanoico, o PFOA, ha effetti negativi sulla salute ed è inquinante (è una sostanza POP, Persistent Organic Pollutant, estremamente persistente nell’ambiente e rigidamente limitata dal Trattato di Johannesburg del 2000. Per capirci, in compagnia di DDT, diossine e PCB, fino agli spaventosi policlorur-dibenzo-P-diossine – PCDD, dibenzofurani – PCDF e PCB coplanari – Co-PCB, usati per decenni in agricoltura). Però, non si tratta del Teflon™. Il PFOA è un composto usato a monte, e non un componente delle padelle antiaderenti finite, che quindi non possono rilasciarlo. Si tratta solo di una delle molte sostanze impiegate industrialmente nel corso della lavorazione di pentole e padelle negli stabilimenti produttivi. Nessun residuo rimane sul prodotto finito. Micrometrici residui potrebbero tutt’al più liberarsi dalle padelle nuove, ma solo se esposte a cotture prolungate ad altissime temperature, tra i 200°C e i 350°C (difficilmente raggiungibili su un normale piano cottura domestico). Resta buona norma buttare nelle isole ecologiche di ogni Comune le padelle antiaderenti usurate, e scegliere quelle più resistenti, durature e di qualità garantita.