Molte aziende sono arrivate al biologico grazie ai contributi dell’Unione Europea. Il principale obiettivo della politica europea era di natura ambientale, cioè ridurre la quantità di pesticidi e fertilizzanti chimici utilizzati in agricoltura. Non tutte le aziende che hanno avuto contributi infatti hanno poi commercializzato i loro prodotti come biologici, semplicemente rispettando le norme dei regolamenti europei potevano ricevere i contributi. Dal 1990 al 1994 i beneficiari di questi contributi sono stati almeno 64.000. Convertiamoci! Le aziende passano dal convenzionale al biologico attraverso un periodo di conversione che varia dai due ai tre anni (dal momento in cui se ne fa richiesta) a seconda del tipo di coltura. In questo periodo gli Enti Certificatori effettuano controlli sui registri fiscali dell’azienda, in particolare verificando l’acquisto esclusivo dei prodotti (concimi, antiparassitari) ammessi, analizzano campioni di tali prodotti ed eventualmente anche il terreno di produzione. Ma il prodotto denominato “in conversione” è sicuro? Un prodotto può avere questa denominazione solo se raccolto dopo almeno 12 mesi dall’inizio della conversione. Prima di questo periodo risulta essere ancora da agricoltura convenzionale. Conversioni in tempo record Qualora un’azienda abbia coltivato con il metodo biologico nel periodo antecedente la richiesta di conversione e lo possa documentare, l’Ente Certificatore, sempre con l’approvazione della Regione, può scalare dalla durata totale della conversione il periodo in questione. In ogni caso il prodotto finale sarà certificato come in conversione fino al raggiungimento dei due o tre anni stabiliti dal regolamento. Solo allora sarà certificato come prodotto da agricoltura biologica. Per ridurre ulteriormente i tempi di conversione, è possibile anche sostituire il substrato (terriccio) utilizzato per la coltivazione in serra in contenitori tipo “casse”, oppure per le piantine in vaso. Con la gentile collaborazione di Aiab Paola Magni