“Non ti ho dato, Adamo, né un posto determinato, né un aspetto tuo proprio, né alcuna prerogativa tua, perché quel posto, quell’aspetto, quelle prerogative che tu desidererai, tutto appunto, secondo il tuo voto e il tuo consiglio, ottenga e conservi. La natura determinata degli altri è contenuta entro leggi da me prescritte. Tu te la determinerai, da nessuna barriera costretto, secondo il tuo arbitrio, alla cui potestà ti consegnai. Ti posi nel mezzo del mondo, perché di là tu meglio scorgessi tutto ciò che è nel mondo. Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che tu avessi prescelto”. Pico della Mirandola, Discorso sulla dignità dell’uomo Pico della Mirandola, in questo corposo passo, coglie in modo splendido la vera natura dell’uomo, un essere indeterminato e, quindi, libero di autoprogettarsi secondo la sua volontà, le sue inclinazioni, la sua visione del mondo; è, veramente, una “degnificazione” della persona, vista nella sua autonomia progettuale, ma anche nella responsabilità morale conseguente alle sue libere scelte. Insomma, a differenza degli altri enti, l’uomo può scegliere se “degenerare nelle cose inferiori”, oppure “nelle cose superiori che sono divine”. E cosa c’è di più “divino” che fecondare la propria libertà con il riconoscere anche quella dell’altro, inteso non come semplice mezzo, strumento del nostro volere, bensì come fine, cioè nella pienezza della sua dignità! Il buon uso della libertà, allora, consiste proprio in questo: far sì, per dirla con Gadamer, “che l’altro non divenga o rimanga invisibile”; proprio perché l’uomo ha il privilegio di non essere determinato come le altre creature, può davvero contribuire con la sua libertà intellettiva e morale a rendere migliore se stesso e gli altri. La costruzione di quello che Kant chiamava “il regno dei fini”, della dignità umana e, quindi, della civiltà, è possibile a patto che, dopo una paziente formazione interiore, l’uomo condivida con le altre libertà, in armonia e rispetto, la progettazione di un cosmo abitabile soprattutto in senso spirituale e non semplicemente strumentale, secondo l’ottica del dominio, del possesso egoistico, dell’aridità esistenziale, dove l’altro è “invisibile”, consapevolmente collocato sullo sfondo della nostra vita. Ancora una volta Gadamer, una delle voci più autorevoli della filosofia del Novecento, ci offre una luminosa riflessione: “Dobbiamo venire a conoscenza dell’altro e degli altri come gli altri di noi stessi per prendere parte uno all’altro”. Fabio Gabrielli Immagine: Loon Window, di Leah Jakob. Da “Canada dreams“