Peter Singer, ‘Liberazione animale’: prefazione all’edizione Net 2003 …3

Negli ultimi venticinque anni il profondo impegno di milioni di persone si è tradotto in alcuni benefici concreti per gli animali: in seguito alle pressioni del movimento animalista le industrie cosmetiche, e a partire da queste tutto il settore chimico, hanno iniziato a investire denaro nella ricerca di metodi alternativi per testare i loro prodotti.

Negli ultimi venticinque anni il profondo impegno di milioni di
persone si è tradotto in alcuni benefici concreti per gli
animali: in seguito alle pressioni del movimento animalista le
industrie cosmetiche, e a partire da queste tutto il settore
chimico, hanno iniziato a investire denaro nella ricerca di metodi
alternativi per testare i loro prodotti. Lo sviluppo di tecniche
come queste è attualmente oggetto di un vivo interesse da
parte della comunità scientifica, e contribuisce a non
aumentare il numero di animali impiegati nel settore. Malgrado il
tanto propagandato “ritorno della pelliccia”, in molti paesi le
vendite di questi capi non hanno più raggiunto i livelli
degli anni ottanta, quando il movimento animalista iniziò la
campagna contro il loro utilizzo. Oggi i proprietari di animali da
compagnia sono più informati e responsabili, e il numero di
animali randagi e abbandonati uccisi nei ricoveri e nei canili, pur
restando ancora troppo elevato, è drasticamente
diminuito.

I più importanti successi, tuttavia, sono stati ottenuti in
Europa e riguardano gli animali da allevamento. La crescita
apparentemente irrefrenabile della “fattoria industriale” ha
subìto i primi contraccolpi in Svizzera, dove alla fine del
1991 è stato messo al bando il sistema delle gabbie in
batteria per le galline ovaiole, descritto nel terzo capitolo: oggi
i produttori svizzeri di uova consentono alle galline di razzolare
su pavimenti ricoperti di strame e di altro materiale organico e di
deporre le uova in ambienti protetti. Il loro esempio, oltre a
dimostrare che cambiare è possibile, ha rafforzato
l’opposizione all’uso delle gabbie metalliche in tutto il
continente, tanto che i quindici stati membri dell’Unione Europea
hanno di recente concordato di avviare un programma per la loro
eliminazione totale. A partire dal 2012 i produttori europei di
uova dovranno garantire a ciascun animale almeno
settecentocinquanta centimetri quadrati di spazio, nonché la
possibilità di accedere a un posatoio e di deporre le uova
in un ambiente apposito. Se vorranno continuare ad allevare le
galline nelle gabbie, queste dovranno essere molto più
grandi e soddisfare quei requisiti. Molti produttori troveranno
probabilmente più economico ricorrere ad altri tipi di
collocazione, come ampi capannoni dotati di posatoi, di lettiera e
di ambienti per la nidificazione, o spazi all’aperto in cui gli
animali siano liberi di muoversi.

L’approccio al problema della deposizione delle uova è solo
una delle misure intraprese dall’Europa per tutelare gli animali da
allevamento. Come ho sottolineato nel terzo capitolo, i vitelli
mantenuti anemici perché la loro carne sia bianca, privati
della paglia per stendersi e confinati in box singoli tanto stretti
da non permettere loro nemmeno di girarsi, sono probabilmente i
più sfortunati fra tutti gli animali da allevamento. In Gran
Bretagna questo sistema è stato vietato proprio nel periodo
in cui rivedevo il libro per l’edizione del 1990, e l’Unione
Europea ha da poco deciso che dovrà essere eliminato in
tutti gli stati membri entro il 2007. Dal 1998 in Gran Bretagna le
scrofe gravide non possono più essere tenute in box
individuali, e presto la proibizione sarà estesa a tutta
l’Europa, tranne nelle prime quattro settimane di gravidanza.

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