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Piante selvatiche : spontaneamente buone
Impariamo a riconoscere e a usare in cucina le piante selvatiche, ricche di gusto e di sostanze attive utili per la salute.
Fin dalle sue origini, l’uomo ha imparato a riconoscere e a usare
le piante selvatiche, per nutrirsi o per curare le malattie. I
nostri antenati conoscevano e usavano centinaia, se non migliaia,
di piante alimentari diverse. Oggi siamo abituati a trovare il cibo
pronto sugli scaffali dei negozi, e si sta purtroppo perdendo una
parte della cultura popolare e antica, quella che ha permesso ai
nostri progenitori di sopravvivere e di svilupparsi prima della
nascita dell’agricoltura.
Oggigiorno circa 30 piante (o gruppi di specie affini, come gli
agrumi) coprono il 95% del fabbisogno nutritivo mondiale. In
pratica, ci nutriamo di un numero estremamente ridotto di specie
vegetali. In questo modo si riduce anche la gamma di sostanze
nutritive e protettive assunte con gli alimenti. L’alimentazione
umana, per essere completa, dovrebbe essere il più varia
possibile, per non rischiare carenze o eccessi nutritivi e per
fornire all’organismo una varietà di vitamine, sali,
oligoelementi e sostanze attive.
Imparare a riconoscere e a usare le piante selvatiche non è
difficile: muniti di un buon atlante per il riconoscimento, si
può cominciare con quelle più “facili”, come la malva
o l’ortica, che fra l’altro sono anche molto versatili in cucina.
Bisogna però seguire alcune semplici regole per non
sbagliare: mai raccogliere piante in zone vicine a strade, centri
abitati, campi coltivati; raccogliere solo le piante identificate
con assoluta sicurezza; evitare le piante non perfettamente sane e
vigorose; cucinare le piante selvatiche subito dopo o poco dopo la
raccolta, perché tendono ad appassire rapidamente.
Preparatevi a una scoperta emozionante: le piante selvatiche sono
veramente buone. Ricche di sostanze attive, sono anche molto
più gustose delle verdure “gonfiate” con concimi di sintesi,
e permettono di riscoprire i sapori che dovevano provare i nostri
trisavoli, prima della comparsa delle tristi insalate
preconfezionate a cui siamo abituati oggi.
Francesca Marotta
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