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Inghilterra, nuovi test: acqua e “proteine animali” nel pollo.
La Food Standards Agency e 20 autorità locali inglesi
hanno unito le forze per denunciare e contrastare la pratica di
addizionare acqua e proteine animali alla carne di pollo destinata
a ristoranti e take-away.
Si tratta delle preparazioni a base di pollo: polpettine,
crocchette, ma anche tranci interi di carne processati
industrialmente, “gonfiati”, con materiali animali di scarto e
acqua. La pratica del “tumbling” consiste nel mettere i pezzi di
pollo in grosse betoniere con acqua e materiali bovini e suini,
forse scarti di macellazione. Il problema è stato esposto la
prima volta in un rapporto della Fsa pubblicato nel dicembre 2001.
A ciò è seguita un’inchiesta di “The Guardian”. Oggi,
la Fsa è costretta a constatare che queste pratiche
continuano, e fornisce le prove sulle quali le autorità
locali potranno basarsi per avviare azioni di contrasto.
Nel dettaglio, i risultati dei test sono netti. I tre quarti dei
campioni analizzati, prelevati in tutto il Regno Unito e
provenienti da industrie sul suolo nazionale e dai Paesi Bassi,
sono risultati positivi, pur fregiandosi della denominazione
“petto” di pollo o “filetto”, dicitura che può essere solo
usata per il pollo senza additivi o altri trattamenti. Più
della metà vantano in etichetta un più alto contenuto
di carne rispetto a quello reale. Quasi la metà contengono
tracce di Dna di maiale (e di questi tutti – tranne uno – erano
etichettati come ‘Halal’). Tutti i campioni sono stati prelevati da
rivenditori del circuito del catering in diverse aree
dell’Inghilterra, in Belgio e in Olanda.
Il sampling è stato disegnato sulla base dei risultati della
prima indagine, per vedere se si sono avuti miglioramenti. Durante
il processo di preparazione ingredienti quali acqua e proteine
idrolizzate (in genere da pelle e scarti di pollo e di altri
animali). Spesso lo si fa per gonfiare il pollo, facendo sì
che appaia più grosso di quanto è. Aggiungere simili
ingredienti è consentito: purché lo si dichiari in
etichetta. Anche la percentuale di carne dovrebbe essere
indicata.
I risultati dell’inchiesta:
– il 60% dei campioni di carne di pollo avevano tra il 5% e il 25%
di carne “vera” in meno rispetto a quanto scritto in etichetta.
– il 72% aveva scritto in etichetta “petto di pollo” o “filetto di
pollo” – e questo dovrebbe essere scritto solo sul pollo non
addizionato.
– il 48% conteneva Dna “non di pollo” – quasi tutti denunciavano
presenza di carne di maiale, alcuni sono risultati positivi sia per
Dna di maiale che di bovino.
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