Rebirthing, in contatto col respiro

Per me il rebirthing è innanzitutto un modo naturale, non artefatto per prendere coscienza di me stessa e potermi sempre raccontare la verità

A cura di Sonia Tarantola

Una definizione semplice, semplice per il rebirthing?
È una meditazione centrata sul respiro.

Cosa significa per te il rebirthing e come ci sei arrivata?
Per me il rebirthing è innanzitutto un modo naturale, non artefatto per prendere coscienza di me stessa e potermi sempre raccontare la verità soprattutto nei momenti di maggiore confusione e disequilibrio. Il respiro ci rivela a noi stessi in modo sorprendentemente efficace, semplice e diretto: imparare a rivolgere la nostra completa attenzione al respiro e agli stati emozionali ad esso sottesi significa poterli riconoscere e quindi armonizzare in modo spontaneo, senza forzature. La riscoperta del respiro e di tutti i suoi potenziali benefici è avvenuta casualmente nel corso della mia formazione come Master Reiki. Nel triennio svolto presso il centro Kailash di Milano ho appreso questa tecnica direttamente dal mio Master Reiki Antonio Destino, a sua volta formato come rebirther sotto la supervisione di Milena Screem.

Come ti sei avvicinata alla LifeGate Clinica Olistica?
Ricordo che ero in ambulatorio quando ho letto per la prima volta il magazine di LifeGate. Ne sono rimasta colpita perché in un articolo si parlava dei benefici del pane fatto in casa ed io tornavo proprio da un agriturismo umbro dove ogni mattina si collaborava nel preparare il pane! Va da sé che mi sono interessata a questi e ad altri valori riproposti da LifeGate e appena ho saputo che stava aprendo la Clinica Olistica ho istintivamente sentito di farne parte.

La tecnica del rebirthing ha subito diverse evoluzioni, a partire dagli anni ’70, dando vita a tante correnti, vitation, breathworking… come ti poni di fronte a questo?
È il nostro respiro il vero Maestro, non la cornice offerta dai differenti approcci. Solo la cornice può essere soggetta a cambiamenti, a mode, espansioni o contrazioni… ma il buon respiro è quello, immutabile, ed è uno per tutti. Ogni Rebirther questo lo sa.

Come integri il tuo lavoro, in ambito psicologico, con questa tecnica?
Utilizzo Rebirthing come tecnica psicosomatica nel più ampio lavoro psicoterapico che svolgo in seduta, pertanto il momento del “respiro” è scelto spontaneamente di volta in volta insieme al paziente a seconda delle fasi che attraversa la terapia. Normalmente è sempre preceduto e seguito da un scambio verbale che introduce le tematiche salienti di quel momento e attraverso il quale infine sono rielaborati i contenuti e il vissuto somatico. La fase conclusiva è spesso la più importante e delicata, per questo mi sembra necessario colmare di significato l?esperienza attraverso un colloquio finale.

Quali sono le qualità che contraddistinguono un buon operatore rebirthing?
La capacità di ascolto di se stessi e dell?altro, la flessibilità e il rispetto verso le esigenze peculiari di ciascun paziente.

Che cos’è per te la felicità?
La felicità non la cerco perché non è uno stato che posso creare; è una condizione da cui ogni volta lasciarmi prendere di sorpresa!

 

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