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Come gli zombie di Stephen King, milioni di tonnellate di sacchetti di plastica potrebbero rientrare in circolazione. Unionplast si oppone al divieto.
Il ricorso. Il divieto di vendita dei sacchetti di
plastica in Italia è in sospeso. Le aziende produttrici dei
vecchi sacchetti, dopo aver perso il ricorso al Tar del Lazio,
spostano la battaglia a Bruxelles. Vogliono reintrodurli in
commercio. Sul bando nel nostro paese quindi pende questo esposto
alla Commissione UE, secondo cui la legge italiana non sarebbe
conforme alla direttiva europea sugli imballaggi. Il ricorso
è stato presentato dalla EuPC (European Plastics
Converters), la federazione europea delle aziende trasformatrici di
materie plastiche, appoggiata e spronata dalla italiana Unionplast.
Se venisse accolto potrebbe comportare l’apertura di una procedura
d’infrazione contro l’Italia. I tempi delle decisioni europee sono
difficili da quantificare ma un primo pronunciamento dovrebbe
arrivare a breve, entro la primavera.
Lo stop alle buste di plastica. Previsto dalla
legge Finanziaria 2007, doveva entrare in vigore nel 2010 ma era
stato rinviato di un anno, fino all’1 gennaio 2011. Era stato
già attuato con alcune ordinanze di Comuni virtuosi, come
Torino, e iniziative volontarie della grande distribuzione. Il 73%
degli italiani ha manifestato l’intenzione di adoperare sportine
riutilizzabili in occasione di un referendum simbolico promosso nel
novembre 2010 all’uscita dei supermercati in tutta Italia per la
settimana europea sulla riduzione dei rifiuti.
In Italia sta funzionando. La grande distribuzione
e i supermercati dovrebbero terminare i vecchi sacchetti entro
marzo, mentre i piccoli commercianti sono ancora un po’ indietro e
probabilmente impiegheranno più tempo prima di spostarsi su
shopper alternativi. Le persone sembrano aver recepito il
messaggio, e si sta tornando a preferire le sporte riutilizzabili,
che si usavano una volta, anche perché non è
pensabile che quelli biodegradabili vengano usati con un rapporto
uno a uno rispetto a quelli di plastica. “La mia posizione è
che noi non torniamo indietro – ha detto il ministro dell’Ambiente,
Stefania Prestigiacomo, rispondendo ai giornalisti a margine dei
lavori in Commissione Ambiente della Camera il 10 marzo – la norma
è stata accolta molto positivamente dalla gente con grande
condivisione e apprezzamento. Mi dispiace per coloro i quali hanno
creduto nella possibilità di non far entrare mai in vigore
questa norma. Ci sono stati tre anni di tempo per attrezzarsi.
L’unico problema da risolvere è la mancata notifica che, di
fatto, ci espone con l’UE. Questo “probabilmente – ha proseguito il
ministro – ci porterà a varare una nuova norma che
dovrà essere prima notificata in sostituzione di questa
attuale, che sarà anche più dettagliata e
risolverà alcuni dubbi. Ma senza sospendere la norma che
è in atto”.
Un’isola di plastica nel Mediterraneo. La
densità dei residui di rifiuti plastici in alcune zone del
Mediterraneo è superiore a quella trovata nei vortici
oceanici. E’ l’allarme lanciato dal rapporto ‘L’impatto della
plastica e dei sacchetti sull’ambiente marino’ realizzato da Arpa
Toscana e dalla struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia
Romagna, presentato a Roma il 9 marzo e destinato ad essere un’arma
in più nelle mani dei favorevoli al bando dei sacchetti, ora
è all’attenzione dell’UE. Sempre secondo Arpa Toscana, ogni
ora di pesca con le reti preleva 4 kg di rifiuti, il 73% dei quali
costituito da materiale plastico, soprattutto sacchetti: “Ormai il
fondo del mare italiano ha un vero e proprio tappeto di rifiuti che
– ha confermato Fabrizio Serena di Arpa Toscana – in Adriatico sono
dovuti soprattutto all’apporto dei fiumi, mentre nel Tirreno i
responsabili sono prevalentemente i traghetti”. Il dossier è
stato inviato al ministero dell’Ambiente. Potrebbe servire a
perorare la causa del bando italiano ai sacchetti.
Expedition Med, uno studio condotto dall’istituto francese Ifremer
e dall’università di Liegi su quaranta aree analizzate al
largo di Francia, Spagna e Nord Italia, nel 90% dei casi è
stata riscontrata la presenza di rifiuti in plastica,
prevalentemente frammenti del peso medio di 1,8 milligrammi, entro
i 20 centimetri dalla superficie dell’acqua. La concentrazione
più alta di rifiuti è stata trovata a largo
dell’Isola d’Elba, dove il numero di frammenti rilevato è di
892.000 elementi, contro una media di 115.000 frammenti plastici
per chilometro quadrato. La plastica rappresenta il principale
rifiuto rinvenuto nei mari: costituisce dal 60% all’80% del totale
dell’immondizia trovata nelle acque.
Quanti sacchetti e quanti rifiuti. Il terzo
rifiuto più trovato dopo residui di sigarette e bottiglie
secondo l’Unep ma di gran lunga il più pericoloso per i suoi
effetti sugli animali marini sono proprio i sacchetti di plastica.
I sacchetti sono al secondo posto tra i rifiuti trovati in
spiaggia, preceduti solo dai filtri di sigaretta. Secondo uno
studio di Arpa Toscana ogni ora di pesca con le reti a strascico
preleva 4 kg di rifiuti, il 73% dei quali costituito da materiale
plastico, soprattutto sacchetti. Non va meglio nell’Adriatico, dove
il battello oceanografico Daphne della regione Emilia Romagna ha
raccolto dragando un miglio di fondale 13 buste di plastica e 4 tra
bottiglie e altri contenitori.
L’impatto sugli animali. Secondo l’Unep e
l’Agenzia di protezione ambiente svedese, di 115 specie di
mammiferi marini 49 sono a rischio intrappolamento o ingestione di
rifiuti marini. Elefanti marini, delfini, capodogli, lamantini sono
tutti stati trovati ingerire sacchetti di plastica. Nelle
tartarughe il sacchetto di plastica, scambiato per una medusa,
provoca il blocco del tratto digestivo e il conseguente
soffocamento. Di 312 specie di uccelli marini, 111 sono note per
aver ingerito rifiuti plastici. Tra i 700.000 e un milione di
uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o
intrappolamento.
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